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DI TOSTAPANE ED ALTRE INNOVAZIONI INGEGNERISTICHE
DI UN FOTOGRAFO DILETTANTE

di Alessandro Tempi
pubblicato il 26/04/2020
L'avventurosa vita di un singolare personaggio nato in Germania, emigrato negli Stati Uniti, ingegnere, fotografo, pianista, una carriera nel mondo della radio e del cinema, disperso nella giungla del Guatemala nel 1955.

Wilshire Boulevard, Los Angeles
(foto di Herman Schultheis)

Tempo fa ho preso un’iniziativa per me inconsueta: mi sono comprato un tostapane su Amazon. Avevo improvvisamente realizzato che nella mia nuova casa, in cui mi ero appena trasferito, non c’era, così mi sono messo a cercarlo in rete e l’ho trovato: un Russell-Hobbs strepitoso ad un prezzo altrettanto strepitoso. Non ci sono stato a pensare tanto. L’ho ordinato e mi è arrivato il giorno dopo. Funziona alla perfezione e ne sono veramente fiero.

Herman Schultheis
La Russell-Hobbs è un’azienda britannica di elettrodomestici diventata famosa nel dopoguerra per i suoi bollitori da tè o caffè, ma anche per gli asciugacapelli e, appunto, i tostapane.

Sono quelli che quando la fetta è pronta, salta letteralmente fuori con un trillo. Posso regolare la tostatura al grado che voglio e perfino usarlo per riscaldare le pietanze usando un apposito cestello da collocare sopra le fessure.

Poi mi è capitato di vedere una foto sul sito della KCET. Era in b/n, una veduta notturna di Wilshire Boulevard a Los Angeles con gli addobbi natalizi, più o meno anni Quaranta e c’era quest’insegna luminosa sospesa sopra la strada per tutta la sua larghezza, che raffigurava un’enorme slitta con Babbo Natale tirata da cinque renne. La foto, scattata da un certo Herman Schultheis, fa parte di uno fondo fotografico della Biblioteca Pubblica di LA, dedicato alla documentazione di com’era la città di una volta. La KCET utilizza spesso immagini come questa per parlare di o riscoprire luoghi dimenticati o completamente trasformati della metropoli. Anche a me il come eravamo topografico piace molto: mi eccita, scorrendo una vecchia mappa o una stampa antica di una città, riuscire a riconoscerne i luoghi e pensare a cosa c’era prima del mio passaggio lì. Tempo fa scaricai la riproduzione di un quadro dell’Ottocento che raffigurava Manhattan. È una veduta dall’alto, da sud e vi si vedono in primo piano Battery Park e i lunghi moli che da lì si snodano da una parte sull’Hudson River e dall’altra sull’East River. Quando lo osservo, mi ci perdo dentro.

Ho cercato di sapere di più sul fotografo, che dal nome suonava chiaramente tedesco e la ricerca che ho condotto ha dato risultati inaspettati. Quello di Herman Schultheis era effettivamente un caso sorprendente: nato in Germania, emigrato negli Stati Uniti, una carriera nel mondo della radio e del cinema, disperso nella giungla del Guatemala nel 1955. Pareva un regalo per me.

Il lungo articolo che Librazette, il giornale dell’azienda per cui lavorava, gli aveva dedicato poco più di un mese dopo la sua scomparsa si è rivelato per me una vera miniera di informazioni. Schultheis era nato nel 1900 ad Aachen, in Renania, aveva studiato ingegneria elettromeccanica, ma era stato anche un eccellente pianista – pare avesse studiato nientemeno che con Wilhelm Backhaus – poi dopo la laurea era emigrato negli Stati Uniti, dove aveva brillantemente messo a frutto le sue competenze e i suoi interessi nel campo dell’ingegneria elettromeccanica sia nell’industria radiofonica che in quella cinematografica.

Negli anni Trenta lavorò presso diverse aziende attive nel settore dell’elettromeccanica, dell’elettroacustica e dell’automazione, per poi spostarsi a Los Angeles, dove fu assunto dagli Studios della Disney. Il sonoro e il colore muovevano i primi passi e Schultheis vi riversò le sue energie elaborando soluzioni tecnologiche innovative per film come Biancaneve, Pinocchio, Fantasia, Bambi e Dumbo. Poi passò alla Twentieth Century Fox, per le cui produzioni progettò complesse tecnologie elettroacustiche e visuali. Dopo un periodo al CalTech, ove si occupò di fotografia ultrarapida e subacquea, si trasferì alla Librascope, un’azienda californiana che prima di passare alla produzione dei primi computer digitali si occupava di meccanica aeronautica.

Fra le passioni di Schultheis vi erano l’elettronica applicata, testimoniata dalla sua abitazione, che una complessa rete di controlli elettrici e servomeccanismi da lui progettati rendeva completamente automatizzata e la fotografia, di cui era un vero, meticoloso ed inventivo appassionato.

Ma forse la passione più autentica di Schultheis erano i viaggi, i cui cimeli riempivano la sua casa. L’ultimo gli fu tuttavia fatale.  Verso la metà di maggio del 1955 Schultheis partì per il suo quarto viaggio in Centro America, un viaggio a lungo pianificato con la sua consueta accuratezza. Giunto a Flores, nell’interno del Guatemala, il 20 o 21 maggio noleggiò un aereo che lo portasse verso Tikal, ove da poco erano state avvistate rovine maya. Secondo le testimonianze, si era fatto lasciare su un pianoro vicino chiedendo al pilota di ritornare a riprenderlo dopo tre ore. Sul punto di inoltrarsi senza una guida in una delle più isolate regioni del Centro America, con la stagione delle piogge già iniziata, Schultheis aveva con sé unicamente la macchina fotografica ed un coltello da caccia. Quando all’ora stabilita si ripresentò per riprenderlo, il pilota dell’aereo non trovò nessuno ad attenderlo. Lo stesso accadde più tardi nella giornata e nei giorni successivi, finché non fu data notizia della sua scomparsa alle autorità locali. Furono subito allestite tre diverse spedizioni, ma senza alcun esito. In più, poiché si riteneva che Schultheis fosse tedesco, in un primo momento non fu avvertita l’Ambasciata statunitense. Passarono molti giorni prima che la notizia arrivasse negli Stati Uniti: un archeologo dell’Università della Pennsylvania lo seppe da un suo collega guatemalteco; la moglie di Schultheis solo quando il marito non si ripresentò al lavoro e l’azienda le chiese notizie di lui. Solo allora l’Ambasciata ne fu interessata e si allestì una quarta spedizione, che però non dette alcun frutto.

Sembrava un romanzo.

Ma la cosa che mi ha più colpito di questo bizzarro personaggio è stata una delle sue prime esperienze appena sbarcato in America, che fu – o così almeno si dice - tutt’altro che ingegneristica: un giorno gli si bruciarono le fette di pane dentro un tostapane. Così non poteva andare, pensò. Elaborò allora il progetto di un tostapane automatico che si spegnesse al momento giusto. Con un’idea come questa un altro avrebbe fatto i soldi. Schultheis invece cedette l’idea ad un’industria del settore, chiedendo in cambio solo di avere uno dei tostapane prodotti. L’azienda sfruttò il progetto di Schultheis, ma quest’ultimo non ebbe mai il suo tostapane né – pare - un qualche riconoscimento.

 


Tostapane Russell-Hobbs

 

link:
Herman Schultheis

 


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