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Testi di Vilma Torselli su "Antithesi", giornale online di critica d'architettura.
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American Art 1961-2001 la storia dell'arte moderna negli Stati Uniti tra due momenti decisivi della storia americana, la guerra del Vietnam e l'attacco alle Torri Gemelle. |
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Milano, apre il Museo delle Illusioni, con incredibili installazioni, illusioni visive, giochi e rompicapi. |
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Concorso artistico Lucca Biennale Cartasia 2022, tema conduttore di questa edizione “The white page” (pagina bianca), le infinite possibilità per gli artisti di raccontarsi tramite le opere in carta.
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Premi
I vincitori del Premio Pritzker per l'architettura 2021 sono Anne Lacaton e Jean-Philippe Vassal: talento, visione e impegno per migliorare la vita delle persone. |
In Italia
Al Palazzo Ducale di Genova, dal 9 settembre 2021 al 20 febbraio 2022 grande mostra di Maurits Cornelis Escher. |
All'estero
Parigi, all’Espace Lafayette-Drouot "The World of Bansky”, su 1200 mq. esposte un centinaio di opere del più famoso street artist del mondo. Fino al 31 dicembre 2021.
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| Il
declino del ritratto di Alessandro Tempi | Il
rapporto fra ritratto e identità, così fortunato nella pittura del
passato, pare sia ormai giunto al limite o perfino esaurito ed estinto: quali
forme espressive potranno d'ora in poi aspirare ad esprimere l'identità
dell'uomo? |
| L'identità
del sé ha una sua storia, una sua tradizione di pensiero a cui la pittura
ha contribuito non meno che la teoresi filosofica, la psicologia e le scienze
cognitive. In pittura questa tradizione, questa storia è stata elaborata
sull'idea o presunzione che il volto umano ci identifichi non per l'effettiva
fisionomia, ma per l'immagine che essa, la pittura, ne sa dare. L'iconografia
è più forte della mimesi - nel Medioevo un uomo si riconosceva dalle
insegne o da altri segni esteriori che parlavano se non per lui, di lui. Almeno
fino al Rinascimento, i tratti del volto erano infatti considerati un'articolazione
di segni simbolici che concorrevano a trascrivere l'invisibile entro i confini
della fisicità. Se seguiamo Benjamin e la sua teoria dell' "inconscio
ottico", questo fatto è ritornato con l'avvento della fotografia:
un procedimento tecnico che pare assicurare la perfetta aderenza rappresentativa
riconsegnandoci nel tempo quello che il naturalismo rinascimentale pareva aver
smarrito, vale a dire l'invisibile, il non-dicibile, il non conscio. L'evoluzione
storica del ritratto tuttavia ci dice che il volto umano non si pone mai come
soggetto autosufficiente; esso necessita infatti di una coreografia, di una messa
in scena in base alla quale aggiungere alla riconoscibilità fisica caratteri
ulteriori (status sociale, culturale, velleità, ambizioni, vezzi, ossessioni
etc.). Il cinema ha poi ripreso il tema del volto dalla pittura, più
che dalla fotografia (Jacques Aumont "Du visage au cinema" , Paris,
Editions Cahiers du Cinema, 1992) ma ha fatto sì che la fotogenia sostituisse
la fisionomia. La rappresentazione del volto è scissa dal problema dell'identità
e dell'elaborazione visibile di ciò che non si vede. Il tema della
scissione è del resto contiguo alla "crisi della soggettività"
che si dibatte in ambito filosofico (ricordiamo a proposito le parole di Deleuze
su Francis Bacon: "Dipinge la testa cancellando il volto"). Il problema
è dunque questo: è ancora possibile pensare la rappresentazione
del volto (ritratto) come fattore di identità, come corrispondenza significativa
fra segno e cosa? | Lo è
ancora, oggi che l'eidomatica può produrre volti senza corpo, corpi senza
anima, mere fittizie apparenze ? Oppure sono queste altrettante forme di soggettività
senza identità, di sé decostruibili? Il rapporto fra ritratto
e identità, così fortunato in pittura, è ormai giunto al
limite o perfino esaurito?
Nel cinema, il ritratto coincide col dominio
iper-identitario della star. Nella fotografia, esso funge da modello per individui
affamati di fisionomie precostituite. In pittura, esso è ormai da tempo
un genere estinto. Cosa può ancora aspirare ad esprimere l'identità
dell'uomo? |
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