Francesco Arena: Direi che ho trovato il bisogno di radicarmi
profondamente nella realtà che mi cir-conda, entrarci
pienamente e venirne sopraffatto
indagarla, selezionarla,
eluderla, trovarne i più remoti significati; per
me la realtà che mi circonda è un alfabeto
di cui devo trovare una codifica, aggirarne i luoghi comuni
ed andare in profondità, tagliare, sezionare, scoprire
come un'operazione chirurgica invasiva che ti permette però
di raggiungere un risultato necessario; la fotografia mi
permette di avere un'aderenza perfetta con la realtà
perché la ritrae, il video ne è la conseguenza,
un potenziale "nar-rativo", anche se non nel modo
consueto che si intende, che ne è la diretta prosecuzione
espressiva; l'installazione è la fuoriuscita dalla
bidimensionalità, l'esplosione all'esterno, la voglia
di lavorare con tutti gli elementi che ho citato prima insieme
con oggetti, spesso di uso comune ribaltandone i significati
Dopo un ciclo di studi "classico" di chi intraprendeva
un tempo la carriera artistica, il liceo e l'accademia,
ho sviluppato e potenziato i corsi di fotografia e mass
media che avevo frequentato in precedenza e mi sono allontanato
dalla pittura, il mio primo amore che sento tuttora molto
vicino alla mia ricerca, per concentrarmi pienamente sull'immagine
fotografica lavorando subito come assistente di studio presso
diversi professionisti e approfondendo da autodidatta le
cognizioni tecniche per usare materiali video che all'epoca
(si parla del 1989) erano molto costose e molto meno alla
portata di tutti come adesso
.ricordo che giravo in
U-Matic su cassette enormi e costosissime, il montaggio
era analogico e ogni secondo era frutto di passaggi di riversamento
tra nastri differenti
poi in betacam e recentemente
in MDV e il montaggio digitale ha aiutato molto
All'inizio
appena uscito dall'accademia le prime mostre fotografiche
in bianco e nero, era stato subito influenzato da Robert
Mapplethorp e dalla sua ricerca sui corpi, molto trasgressiva
ma terribilmente classica e cristallizzata in icone senza
tempo
stupendo; in parallelo ero affascinato dalle
correnti minimaliste in arte contemporanea, non mi piaceva
la transavanguardia che all'epoca dilagava, tutti facevano
quadri enormi molto action painting
li detestavo, io
scattavo grandi immagini fredde e decontestualizzate, era
il mio modo per cominciare una ricerca su me stesso.
Dario Lanzetta: Perchè proprio questi mezzi in
un certo senso considerati "giovani"? Negli anni
in cui hai frequentato l'Accademia Ligustica di Belle Arti
di Genova hai sicuramente utilizzato gli strumenti considerati
"classici" della pittura, come pennelli e colori,
perché hai sentito il bisogno di metterli da parte?
Francesco Arena: Perché all'epoca ero "giovane"
e
volevo come tutti i giovani sperimentare, in realtà
è solo un approccio tecnicamente diverso: la mia forma
mentis è quella di un pittore che si accinge a dipingere
un quadro, questo è il mio modo di approcciarmi al
lavoro, alla fotografia; non uso colori ma luce colorata,
non uso pennelli ma macchine fotografiche, non uso la tela
o il legno ma la pellicola e le diapositive, rifiuto ogni
tipo di manipolazione digitale pur possedendo macchine di
questo tipo perché l'immagine deve essere costruita
per me nel momento dello scatto, in quella lunga ricerca in
studio o in location di composizione, strutturazione dei piani,
dei colori, che sfrutta tutte le potenzialità "meccaniche"
del mezzo che uso per renderlo nello stesso tempo aderente
al reale pur descrivendolo nella sua totale astrazione, sono
componenti delle cose che ci circondano che apparentemente
non vediamo e di cui non ci accorgiamo ma che sono li, presenti
e palpabili, aspettano di essere scoperti e di parlarci
Dario Lanzetta: Nel 1986 iniziano le prime serie fotografiche
e polaroid applicate ad oggetti che creano vere e proprie
installazioni: Neogrigio, Verosomiglianze, Monari, Oltre,
opere in cui il corpo è il protagonista fondamentale.
Dando uno sguardo alla tua produzione ancora oggi - a distanza
di anni - è una tematica che stai affrontando e studiando
da sempre con una morbosa attenzione. Quale è il tuo
personale rapporto con il corpo?
Francesco Arena: E' un rapporto di naturale ammirazione e
stupore, un mezzo di indagini, un pretesto narrativo
sono
stato influenzato molto dalle grandi e poetiche sculture di
Fidia, dai non finiti di Michelangelo
opere che partivano
dal corpo per cercare uno spirito che si potesse liberare,
una materia che si potesse sublimare
il "mio"
corpo è un involucro contemporaneo, che nasconde inquietudini
e malesseri, indecisioni sessuali, un corpo che penetra gli
spazi della mente, che ha conosciuto le precarietà
e le vertigini della perdita di coscienza del se e la libertà
della propria memoria, un corpo che nasce al di fuori di se
verso libere combinazioni, verso la riappropriazione di spazi
e linguaggi nuovi.
Dario Lanzetta: Uno dei temi centrali delle tue opere,
è il bisogno di mostrare il corpo come un oggetto oramai
vittima dei mass media. Nella tua ricerca, la carne viene
violentemente catturata da questo potente mezzo che è
capace di riscriverne totalmente il significato etico ed estetico.
Troviamo per esempio elementi come la decostruzione, potenziamento,
scomposizione, svalorizzazione, etc. che nel tempo vanno via
via sfumandosi, dirigendosi prevalentemente verso una pura
e personale introspezione. Che valore assume il corpo nella
nostra società odierna?
Francesco Arena: E' un mezzo di comunicazione potentissimo,
un passaporto estetico standardizzato che deve avere requisiti
e canoni che sono lontani anni luce dalla verità. I
modi di vivere contemporanei, le droghe, la pornografia, le
dark room e via dicendo diven-tano sempre più popolari
nella nostra società, secondo te sono elementi che
influiscono con i veloci cambiamenti che avvengono quotidianamente?
In realtà sono metodologie che sono sempre esistite
non sono poi così contempora-nee, sono elementi che
hanno sempre contraddistinto epoche anche precedenti e come
ogni elemento forte sono state soggetti principali di ispirazione
e di indagine, ovviamente nel contemporaneo con una maggiore
facilità di comunicazione anche il nostro comportamento
sociale, sessuale è cambiato, si è trasformato
a mio parere allontanandosi molto dal concetto che potremmo
conoscere noi stessi
per citare una frase di Fam: "nell'arte
contemporanea lo spettatore/fruitore è continuamente
sottoposto al dirottamento di pulsioni e alla messa in crisi
di acquisite modalità comunicative. Il fruitore viene
così inserito all'interno di categorie fruitive nuove
e insospettate". Io penso che il concetto si sia
sviluppato proprio in questi termini dai cambiamenti lenti
e inesorabili della nostra società che inevitabilmente
si rispecchia nell'arte, nella sua forma primaria di espressione.
Dario Lanzetta: C'è una vana possibilità
di riscrivere il "vecchio" codice del valore del
corpo? Rivalutarlo non come mezzo di puro scambio o di piacere
sessuale e quindi fisico, ma come un significato di intimità
e riflessione dove la mente e la spiritualità hanno
il suo spazio?
Francesco Arena: Ma credo che ogni codice di valore faccia
parte del suo tempo e sia giusto in quel momento, non credo
che attualmente non ci sia della spiritualità intorno
ad un corpo contemporaneo, solo si è trasformata in
qualcosa d'altro ed è giusto così. la mia ricerca
"sull'ambiguità" (ovviamente non solo sessuale)
dell'apparenza e dell'essere tende a svelare quella proiezione
mentale del mondo così come è o come crediamo
che sia, come appare allo sguardo di chi si pone dall'esterno
nel ruolo dello spettatore
bisogna addentrarci all'interno,
io cerco di non essere spettatore ma protagonista. Il corpo
è una tematica inflazionata? O questo elemento che
ha creato e ancora oggi sta regalando molti spunti per gli
artisti è giunto al termine della sua esistenza? Credo
che sia diventato inflazionato recentemente di pari passo
con l'inflazione creativa che il digitale ha portato da qualche
anno a questa parte, sono a portata di mano dei mezzi che
spesso vengono usati abusandone e senza la cultura sufficiente
per produrre delle opere ma solo delle illustrazioni, il corpo
è il soggetto più facile da prendere a modello,
ci è vicino con la moda e la pubblicità, bisogna
vedere come lo si affronta.
Dario Lanzetta: In una delle serie più importanti
della tua produzione artistica Still Life for life-like
people ti sposti (anche se in minima parte) momentaneamente
dal corpo e troviamo immagini in cui presenti delle nature
morte in cui si avverte una sottile ironia verso la fotografia
professionale. Delle parti umane, come un cervello trafitto
da una lametta, un cuore legato, vengono fotografati come
se fossero dei veri e propri prodotti industriali da immettere
sul grande mercato alimentare. Da parte tua c'è una
denuncia verso l'ignoranza dell'uomo che si dirige senza freni
solamente sulla valorizzazione dell'oggetto? Un nefasto senso
unico dominato dal denaro e dallo spreco, in cui i sentimenti
e i valori morali portanti dell'umanità restano in
secondo piano se addirittura e completamente dimenticati.
Francesco Arena:
qualcosa di simile
è una
serie (peraltro work in progress, che mi accompagna tuttora)
la prima dove affrontavo un lavoro artistico solo con l'immagine
fotografica, che con un linguaggio volutamente professionale
e tecnico (ho usato le stesse attrezzature che uso per i lavori
commerciali di beauty) indagava il valore dell'oggetto che
ci circonda, il suo potere evocativo, la sua energia decontestualizzata
pubblicizzavo
un pensiero ed esaltavo con codici di linguaggio mass mediale,
un sentimento, i nostri stessi organi cuori e cervelli, venivano
pubblicizzati come profumi o gioielli, non sono in fondo i
nostri più preziosi elementi??? Ci siamo sempre diretti
verso una valorizzazione di ciò che appare non curandoci
troppo dell'interno
in questo senso ho voluto mettere
nel vero senso del termine "in evidenza" la nostra
interiorità!
Dario Lanzetta: Cosa prevedi per l'avvenire dell'umanità?
Francesco Arena: Sarò retorico ma credo che con l'accrescere
della comunicazione ci sia inevitabilmente una crescita della
solitudine. però non saremo solo transgender (alcuni
di noi già lo sono) ma ibrideremo generi ed idee, e
almeno questo sarà bellissimo!
Dario Lanzetta: Nelle bellissime polaroid e fotografie
di Emergency of Beauty grazie alla riprese macro che
hai effettuato si scorge un'importante valore all'ambiguità.
Che ruolo assume nella tua produzione questo elemento che
ricorre più di una volta?
Francesco Arena: Uno degli elementi primari, se non il primo
il
perno su cui si snoda tutto
Dario Lanzetta : Abbiamo detto che usi svariati mezzi come
la fotografia, il video e l'istallazione; hai preferenza nella
metodologia di strumenti con cui lavori e crei le tue opere?
Francesco Arena: No nessuna preferenza, sono a mio agio e
penso con qualunque di questi elementi, deve servirmi a "raccontare"
una storia
vorrei riuscire come fa Lynch, uno dei registi
che preferisco in assoluto insieme a Greenway, a togliere
le cause degli eventi che si succedono nelle mie opere, lasciare
solo un flusso di immagini, un opera dove tutto serve ad emozionare
dove non serve il racconto ma valgono le singole immagini
sia
esse una fotografia, una sequenza video o un oggetto
Dario Lanzetta: Quanto conta la tecnica nel tuo lavoro?
E il colore?
Francesco Arena: Sono indispensabili entrambe, senza una non
avrebbe senso l'altra, si inseguono e si completano a vicenda
senza la tecnica (anche se facessi fare il lavoro ad altri)
non si avrebbe la vera consapevolezza di ciò che si
fa, senza il colore non riuscirei a parlare.
Dario Lanzetta: Ora una domanda che è indispensabile;
cosa ne pensi dell'attuale situazione ar-tistica in Italia?
Partendo dagli artisti, alla critica per terminare al mercato.
Francesco Arena: E' una situazione difficile
siamo lontani
dall'arte nell'ambiente artistico contempo-raneo, siamo vicini
al marketing, al mercato e alle mode, al provincialismo
spesso
vedo opere "italiane" che non parlano un linguaggio
universale, gli artisti, la critica e il mercato sono elementi
di un sistema commerciale come in qualsiasi altro lavoro
poche
eccezioni.
Dario Lanzetta: Progetti per il futuro?
Francesco Arena: Continuare a farmi guidare dalla musica,
dalle immagini, dai racconti, collaborazioni differenti ma
molto stimolanti con performer, musicisti; posso anticiparti
dopo William Basinski, Matt Elliott, personalità multiforme
del panorama musicale internazionale, Machina Amniotica e
Roberto Belli, ensamble nostrano di musicisti e poeti davvero
affini alla mia ricerca attuale con i quali sperimenterò
nuovi linguaggi e
non voglio anticipare di più
ma un'incursione e un confronto con il teatro!
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