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Emergenza di Bellezza
Intervista a Francesco Arena, di Dario Lanzetta
pubblicato il 06/12/2006
Finalmente dopo tanta spazzatura che purtroppo vediamo sulle riviste e siti web d'arte contemporanea italiana, trovo un artista degno di nota, pronto per un'imminente glorificazione.




A dir la verità, è un personaggio che giustamente possiede già una certa notorietà nel nostro Bel Paese, ma soprattutto si distingue dagli altri suoi coetanei grazie alla sua piena originalità e purezza d'espressione. Parlo del giovane artista ligure Francesco Arena, nato nel 1966 a Genova che già nei suoi primi anni di attività ha sentito forte l'esigenza di rendere reali e concreti gli impulsi di una ricerca che ancora oggi trasborda di infinita produttività.
Gentilmente mi ha concesso un'intervista in cui cercherò di illustrare e far capire a chi non ancora avesse avuto il piacere di ammirare le sue opere, la sua grande produzione artistica dagli inizi della carriera sino agli ultimi works in progress.

Dario Lanzetta: Chi è Francesco Arena? E come si definisce?

Francesco Arena: Mi definisco un osservatore ossessionato dall'apparenza ..... alla ricerca costante di "un'essenza" che forse non esiste…

Dario Lanzetta: Da subito hai sentito il bisogno di evadere dalla realtà e in qualche modo far di-ventare concreti i tuoi maggiori impulsi primari tramite l'arte. Emozioni che sono emigrate e in un secondo momento hanno trovato dimora nella tua interiorità utilizzando come strumento la fotografia, il video, le installazioni. Parlaci brevemente degli albori della tua carriera.

Francesco Arena: Direi che ho trovato il bisogno di radicarmi profondamente nella realtà che mi cir-conda, entrarci pienamente e venirne sopraffatto…indagarla, selezionarla, eluderla, trovarne i più remoti significati; per me la realtà che mi circonda è un alfabeto di cui devo trovare una codifica, aggirarne i luoghi comuni ed andare in profondità, tagliare, sezionare, scoprire come un'operazione chirurgica invasiva che ti permette però di raggiungere un risultato necessario; la fotografia mi permette di avere un'aderenza perfetta con la realtà perché la ritrae, il video ne è la conseguenza, un potenziale "nar-rativo", anche se non nel modo consueto che si intende, che ne è la diretta prosecuzione espressiva; l'installazione è la fuoriuscita dalla bidimensionalità, l'esplosione all'esterno, la voglia di lavorare con tutti gli elementi che ho citato prima insieme con oggetti, spesso di uso comune ribaltandone i significati… Dopo un ciclo di studi "classico" di chi intraprendeva un tempo la carriera artistica, il liceo e l'accademia, ho sviluppato e potenziato i corsi di fotografia e mass media che avevo frequentato in precedenza e mi sono allontanato dalla pittura, il mio primo amore che sento tuttora molto vicino alla mia ricerca, per concentrarmi pienamente sull'immagine fotografica lavorando subito come assistente di studio presso diversi professionisti e approfondendo da autodidatta le cognizioni tecniche per usare materiali video che all'epoca (si parla del 1989) erano molto costose e molto meno alla portata di tutti come adesso….ricordo che giravo in U-Matic su cassette enormi e costosissime, il montaggio era analogico e ogni secondo era frutto di passaggi di riversamento tra nastri differenti… poi in betacam e recentemente in MDV e il montaggio digitale ha aiutato molto… All'inizio appena uscito dall'accademia le prime mostre fotografiche in bianco e nero, era stato subito influenzato da Robert Mapplethorp e dalla sua ricerca sui corpi, molto trasgressiva ma terribilmente classica e cristallizzata in icone senza tempo…stupendo; in parallelo ero affascinato dalle correnti minimaliste in arte contemporanea, non mi piaceva la transavanguardia che all'epoca dilagava, tutti facevano quadri enormi molto action painting…li detestavo, io scattavo grandi immagini fredde e decontestualizzate, era il mio modo per cominciare una ricerca su me stesso.

Dario Lanzetta: Perchè proprio questi mezzi in un certo senso considerati "giovani"? Negli anni in cui hai frequentato l'Accademia Ligustica di Belle Arti di Genova hai sicuramente utilizzato gli strumenti considerati "classici" della pittura, come pennelli e colori, perché hai sentito il bisogno di metterli da parte?

Francesco Arena: Perché all'epoca ero "giovane"…e volevo come tutti i giovani sperimentare, in realtà è solo un approccio tecnicamente diverso: la mia forma mentis è quella di un pittore che si accinge a dipingere un quadro, questo è il mio modo di approcciarmi al lavoro, alla fotografia; non uso colori ma luce colorata, non uso pennelli ma macchine fotografiche, non uso la tela o il legno ma la pellicola e le diapositive, rifiuto ogni tipo di manipolazione digitale pur possedendo macchine di questo tipo perché l'immagine deve essere costruita per me nel momento dello scatto, in quella lunga ricerca in studio o in location di composizione, strutturazione dei piani, dei colori, che sfrutta tutte le potenzialità "meccaniche" del mezzo che uso per renderlo nello stesso tempo aderente al reale pur descrivendolo nella sua totale astrazione, sono componenti delle cose che ci circondano che apparentemente non vediamo e di cui non ci accorgiamo ma che sono li, presenti e palpabili, aspettano di essere scoperti e di parlarci

Dario Lanzetta: Nel 1986 iniziano le prime serie fotografiche e polaroid applicate ad oggetti che creano vere e proprie installazioni: Neogrigio, Verosomiglianze, Monari, Oltre, opere in cui il corpo è il protagonista fondamentale. Dando uno sguardo alla tua produzione ancora oggi - a distanza di anni - è una tematica che stai affrontando e studiando da sempre con una morbosa attenzione. Quale è il tuo personale rapporto con il corpo?

Francesco Arena: E' un rapporto di naturale ammirazione e stupore, un mezzo di indagini, un pretesto narrativo…sono stato influenzato molto dalle grandi e poetiche sculture di Fidia, dai non finiti di Michelangelo…opere che partivano dal corpo per cercare uno spirito che si potesse liberare, una materia che si potesse sublimare…il "mio" corpo è un involucro contemporaneo, che nasconde inquietudini e malesseri, indecisioni sessuali, un corpo che penetra gli spazi della mente, che ha conosciuto le precarietà e le vertigini della perdita di coscienza del se e la libertà della propria memoria, un corpo che nasce al di fuori di se verso libere combinazioni, verso la riappropriazione di spazi e linguaggi nuovi.

Dario Lanzetta: Uno dei temi centrali delle tue opere, è il bisogno di mostrare il corpo come un oggetto oramai vittima dei mass media. Nella tua ricerca, la carne viene violentemente catturata da questo potente mezzo che è capace di riscriverne totalmente il significato etico ed estetico. Troviamo per esempio elementi come la decostruzione, potenziamento, scomposizione, svalorizzazione, etc. che nel tempo vanno via via sfumandosi, dirigendosi prevalentemente verso una pura e personale introspezione. Che valore assume il corpo nella nostra società odierna?

Francesco Arena: E' un mezzo di comunicazione potentissimo, un passaporto estetico standardizzato che deve avere requisiti e canoni che sono lontani anni luce dalla verità. I modi di vivere contemporanei, le droghe, la pornografia, le dark room e via dicendo diven-tano sempre più popolari nella nostra società, secondo te sono elementi che influiscono con i veloci cambiamenti che avvengono quotidianamente? In realtà sono metodologie che sono sempre esistite non sono poi così contempora-nee, sono elementi che hanno sempre contraddistinto epoche anche precedenti e come ogni elemento forte sono state soggetti principali di ispirazione e di indagine, ovviamente nel contemporaneo con una maggiore facilità di comunicazione anche il nostro comportamento sociale, sessuale è cambiato, si è trasformato a mio parere allontanandosi molto dal concetto che potremmo conoscere noi stessi… per citare una frase di Fam: "nell'arte contemporanea lo spettatore/fruitore è continuamente sottoposto al dirottamento di pulsioni e alla messa in crisi di acquisite modalità comunicative. Il fruitore viene così inserito all'interno di categorie fruitive nuove e insospettate". Io penso che il concetto si sia sviluppato proprio in questi termini dai cambiamenti lenti e inesorabili della nostra società che inevitabilmente si rispecchia nell'arte, nella sua forma primaria di espressione.

Dario Lanzetta: C'è una vana possibilità di riscrivere il "vecchio" codice del valore del corpo? Rivalutarlo non come mezzo di puro scambio o di piacere sessuale e quindi fisico, ma come un significato di intimità e riflessione dove la mente e la spiritualità hanno il suo spazio?

Francesco Arena: Ma credo che ogni codice di valore faccia parte del suo tempo e sia giusto in quel momento, non credo che attualmente non ci sia della spiritualità intorno ad un corpo contemporaneo, solo si è trasformata in qualcosa d'altro ed è giusto così. la mia ricerca "sull'ambiguità" (ovviamente non solo sessuale) dell'apparenza e dell'essere tende a svelare quella proiezione mentale del mondo così come è o come crediamo che sia, come appare allo sguardo di chi si pone dall'esterno nel ruolo dello spettatore…bisogna addentrarci all'interno, io cerco di non essere spettatore ma protagonista. Il corpo è una tematica inflazionata? O questo elemento che ha creato e ancora oggi sta regalando molti spunti per gli artisti è giunto al termine della sua esistenza? Credo che sia diventato inflazionato recentemente di pari passo con l'inflazione creativa che il digitale ha portato da qualche anno a questa parte, sono a portata di mano dei mezzi che spesso vengono usati abusandone e senza la cultura sufficiente per produrre delle opere ma solo delle illustrazioni, il corpo è il soggetto più facile da prendere a modello, ci è vicino con la moda e la pubblicità, bisogna vedere come lo si affronta.

Dario Lanzetta: In una delle serie più importanti della tua produzione artistica Still Life for life-like people ti sposti (anche se in minima parte) momentaneamente dal corpo e troviamo immagini in cui presenti delle nature morte in cui si avverte una sottile ironia verso la fotografia professionale. Delle parti umane, come un cervello trafitto da una lametta, un cuore legato, vengono fotografati come se fossero dei veri e propri prodotti industriali da immettere sul grande mercato alimentare. Da parte tua c'è una denuncia verso l'ignoranza dell'uomo che si dirige senza freni solamente sulla valorizzazione dell'oggetto? Un nefasto senso unico dominato dal denaro e dallo spreco, in cui i sentimenti e i valori morali portanti dell'umanità restano in secondo piano se addirittura e completamente dimenticati.

Francesco Arena: …qualcosa di simile…è una serie (peraltro work in progress, che mi accompagna tuttora) la prima dove affrontavo un lavoro artistico solo con l'immagine fotografica, che con un linguaggio volutamente professionale e tecnico (ho usato le stesse attrezzature che uso per i lavori commerciali di beauty) indagava il valore dell'oggetto che ci circonda, il suo potere evocativo, la sua energia decontestualizzata…pubblicizzavo un pensiero ed esaltavo con codici di linguaggio mass mediale, un sentimento, i nostri stessi organi cuori e cervelli, venivano pubblicizzati come profumi o gioielli, non sono in fondo i nostri più preziosi elementi??? Ci siamo sempre diretti verso una valorizzazione di ciò che appare non curandoci troppo dell'interno…in questo senso ho voluto mettere nel vero senso del termine "in evidenza" la nostra interiorità!

Dario Lanzetta: Cosa prevedi per l'avvenire dell'umanità?

Francesco Arena: Sarò retorico ma credo che con l'accrescere della comunicazione ci sia inevitabilmente una crescita della solitudine. però non saremo solo transgender (alcuni di noi già lo sono) ma ibrideremo generi ed idee, e almeno questo sarà bellissimo!

Dario Lanzetta: Nelle bellissime polaroid e fotografie di Emergency of Beauty grazie alla riprese macro che hai effettuato si scorge un'importante valore all'ambiguità. Che ruolo assume nella tua produzione questo elemento che ricorre più di una volta?

Francesco Arena: Uno degli elementi primari, se non il primo…il perno su cui si snoda tutto…

Dario Lanzetta
: Abbiamo detto che usi svariati mezzi come la fotografia, il video e l'istallazione; hai preferenza nella metodologia di strumenti con cui lavori e crei le tue opere?

Francesco Arena
: No nessuna preferenza, sono a mio agio e penso con qualunque di questi elementi, deve servirmi a "raccontare" una storia…vorrei riuscire come fa Lynch, uno dei registi che preferisco in assoluto insieme a Greenway, a togliere le cause degli eventi che si succedono nelle mie opere, lasciare solo un flusso di immagini, un opera dove tutto serve ad emozionare dove non serve il racconto ma valgono le singole immagini…sia esse una fotografia, una sequenza video o un oggetto…

Dario Lanzetta: Quanto conta la tecnica nel tuo lavoro? E il colore?

Francesco Arena: Sono indispensabili entrambe, senza una non avrebbe senso l'altra, si inseguono e si completano a vicenda senza la tecnica (anche se facessi fare il lavoro ad altri) non si avrebbe la vera consapevolezza di ciò che si fa, senza il colore non riuscirei a parlare.

Dario Lanzetta: Ora una domanda che è indispensabile; cosa ne pensi dell'attuale situazione ar-tistica in Italia? Partendo dagli artisti, alla critica per terminare al mercato.

Francesco Arena: E' una situazione difficile…siamo lontani dall'arte nell'ambiente artistico contempo-raneo, siamo vicini al marketing, al mercato e alle mode, al provincialismo…spesso vedo opere "italiane" che non parlano un linguaggio universale, gli artisti, la critica e il mercato sono elementi di un sistema commerciale come in qualsiasi altro lavoro…poche eccezioni.

Dario Lanzetta
: Progetti per il futuro?

Francesco Arena
: Continuare a farmi guidare dalla musica, dalle immagini, dai racconti, collaborazioni differenti ma molto stimolanti con performer, musicisti; posso anticiparti dopo William Basinski, Matt Elliott, personalità multiforme del panorama musicale internazionale, Machina Amniotica e Roberto Belli, ensamble nostrano di musicisti e poeti davvero affini alla mia ricerca attuale con i quali sperimenterò nuovi linguaggi e …non voglio anticipare di più ma un'incursione e un confronto con il teatro!

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