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Testi e commenti di Vilma Torselli su Antithesi, giornale di critica d'architettura. Il più letto in Artonweb: fotografia |
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American Art 1961-2001 la storia dell'arte moderna negli Stati Uniti tra due momenti decisivi della storia americana, la guerra del Vietnam e l'attacco alle Torri Gemelle. |
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Milano, apre il Museo delle Illusioni, con incredibili installazioni, illusioni visive, giochi e rompicapi. |
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Parigi, all’Espace Lafayette-Drouot "The World of Bansky”, su 1200 mq. esposte un centinaio di opere del più famoso street artist del mondo. Fino al 31 dicembre 2021.
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Più vero del vero
di Vilma Torselli
pubblicato 09/02/2007 |
Una corrente artistica
dell'America negli anni '70 che, ancora oggi, in una prospettiva
storica di sufficiente profondità, non trova giustificazioni
alla sua stessa esistenza, o quanto meno al suo successo presso
il pubblico ed i collezionisti. |
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Se vogliamo trovare una motivazione al favore che l'Iperrealismo ha riscosso nell'America degli anni '70, non è da trascurare il fatto che sia il pubblico che i critici interessati a quella corrente fossero
quasi esclusivamente americani: vale la pena di ricordare
la sostanziale ostilità al movimento della critica europea e le
decise stroncature di Gillo Dorfles e Giulio Carlo Argan, per citare due emineti personalità italiane.
La risposta più semplice a questo quesito va probabilmente
ricercata nel fascino che, da sempre, il trompe-l'oeil, tecnica
alla quale il movimento è più vicino, esercita
sull'uomo, anche se si potrebbero fare considerazioni più
profonde su questo modo espressivo e sul perchè si
sia radicato soprattutto in America, dove ha dato luogo a
due correnti notevolmente differenziate, sia nella tecnica
esecutiva sia nella scelta dei temi, una californiana e una
newyorkese.
Infatti, in una nazione senza storia come la giovane America,
nella quale l'Iperrealismo può relazionarsi solo con
la tradizione pittorica naturalistica dell' '800 e con il
realismo di Edward Hopper, non va sottovalutata l'importanza
del mecenatismo privato, elemento determinante per l'affermazione
di questa corrente, la quale si manifesta principalmente negli
USA perché lì la particolare situazione socio-economica
rende possibile le elargizioni dei privati. Né va trascurata
l'influenza di un certo conservatorismo in campo politico,
di impronta nixoniana, al quale l'arte cerca in qualche modo
di sottrarsi isolandosi in un mondo chiuso, volontariamente
avulso dalla vita del paese, elaborando un linguaggio di asettico
virtuosismo tecnico depurato da ogni emotività in artisti
polemicamente lontani dai propri sentimenti personali e politici.
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Certamente l'Iperrealismo, come altri movimenti della seconda
metà degli anni '70, rappresenta una stasi nello sviluppo
dell'arte moderna americana, che compie una profonda riflessione
sulla propria condizione e sul suo stesso ruolo storico e culturale
nell'ambito degli importanti mutamenti sociali verificatisi
nel XX secolo, prendendo le distanze da un movimento moderno
che, seppure attraverso una vivace dialettica stilistica sviluppatasi
a partire dall'Espressionismo astratto, ha finito per istituzionalizzarsi
fino a contraddire la sua stessa posizione.
Per l'Iperrealismo, che prima che un movimento artistico
è un modo di approccio al mondo, la ricerca di neutralità
nei confronti della realtà esterna è tale che
esso ricorre alla fotografia degli oggetti (nel 1968 viene
infatti definito anche Photorealism dal gallerista newyorkese
Louis K. Meisel) anzichè alla loro osservazione diretta,
nel tentativo di garantire l'imparzialità della visione
e la maggior anonimità possibile nella definizione
del risultato, senza elaborazione alcuna da parte dell'autore,
denunciando in ciò chiari rapporti di derivazione pop.
Il procedimento adottato dall'artista iperrealista per realizzare
la sua opera parte dalla macchina fotografica che fissa la
scena nelle condizioni di luce, di colore, di disposizione
spaziale desiderate, e prosegue con operazioni a carattere
meccanico di ingrandimento e di riproduzione in scala macroscopica
su carta o tela dell'immagine, ottenendo come risultato finale
un effetto "più reale del reale",
spesso frutto di puro e semplice virtuosismo tecnico: abolita
ogni personalizzazione o interpretazione dell'immagine, ciò
che interessa è realizzare una copia esatta dell'originale.
Il rapporto con la macchina fotografica nell'Iperrealismo
perde ogni conflittualità, anzi viene in alcuni casi
riconosciuta la superiorità della macchina, la quale
produce la "vera" immagine, che il pittore a sua
volta riproduce in seconda battuta, talvolta con gli stessi
difetti e le stesse deformazioni indotte dall'obiettivo, con le stesse
rigidità che derivano dalla mancanza dei poteri di
aggiustamento che sono propri, invece, dell'occhio dell'uomo.
Nella sua apparente, piatta e minuziosa osservazione oggettuale della realtà, l'Iperrealismo americano recepisce ed
esprime inquietudini reali e moderne per quel tempo, la sfiducia
nel mito del nuovo promosso dai movimenti avanguardisti, la
sospensione del giudizio sull'arte contemporanea e la constatazione
dei suoi fallimenti, il desiderio di riappropriazione di una
eredità storica e culturale, seppure giovane ed immatura
come quella americana, la consapevolezza che il presente non
si può sottrarre alla continuità con il passato.
Tuttavia l'Iperrealismo resta, per quel tempo, un'occasione
mancata per come gli artisti iperrealisti non si siano resi
conto della possibilità che la fotografia, assunta
come semplice soggetto iconografico della pittura, potesse
invece rappresentare la leva attraverso la quale ribaltare
il rapporto di potere tra l'avanguardia elitaria e le masse
popolari, contribuendo a risvegliare la nazione dal sonnolento
conservatorismo in cui la classe politica l'aveva spinta ed
impostando il discorso dell'arte moderna e della sua fruizione
su binari del tutto nuovi.
Ma oggi, leggendo quel periodo in un contesto storico allargato,
pur nella sua dichiarata adesione ad una acriticità
totale e ad una indifferenza asettica su ogni espressione
di giudizio, si può riconoscere come l'Iperrealismo
non resti solo uno "sguardo fotografico sterile"
, ma contenga, seppure inconsciamente, straordinarie anticipazioni
del digitale nelle sue caratteristiche retinico-percettive,
configurandosi in ciò come ricerca formale e concettuale
di profetica prospettiva storica.
* articolo aggiornato il 24/05/2014
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