"Salute e malattia non sono cose sostanzialmente
diverse". (Friedrich Nietzsche)
Il rapporto arte-malattia si può presentare sotto
molti diversi aspetti, sia per la grande varietà delle
patologie sia per la diversità dei punti di vista da
cui si può guardarlo. Nella iconografia dell'arte visiva
di tutti i tempi si possono rilevare i sintomi delle malattie
che gli artisti hanno riprodotto con acuto spirito d'osservazione
nei soggetti raffigurati, coinvolgenti l'aspetto fisico e
l'alterazione della forma corporea, come le malattie scheletriche,
l'osteoporosi o le artriti deformanti (Botticelli dipinge
deformità simili a quelle che affliggono i malati di
artrite reumatoide), ma l'aspetto che vorrei proporre riguarda
i riflessi che le malattie fisiche hanno avuto sugli stessi
artisti e sulle caratteristiche espressive, sia linguistiche che concettuali, delle loro opere.
La salute è uno stato psicofisico molto legato alla
produzione artistica, alla creatività intesa, nella
definizione che ne dà Elisabetta Corberi, psicologa
e psicoterapeuta, come "una dimensione che risiede
dentro ogni uomo, è come una fonte luminosa, una
sorgente dacqua inesauribile, un demone anche, che
rapisce e trascina via. E espressione di energia e
allo stesso tempo è fonte di energia. Si tratta di
una dimensione che alberga nellinconscio e per questo
motivo non a tutti è accessibile, comunque non a
tutti nello stesso modo".
La malattia influenza in maniera determinante la visione
del mondo di ogni individuo, il suo potenziale creativo,
quello che per Henri Bergson è l'élan
vital, la voglia di essere e di fare, ma le malattie
invalidanti che coinvolgono la motricità fine, indispensabile
per il corretto utilizzo della mano e delluso del
pennello, possono indurre variazioni molto evidenti e del
tutto imprevedibili anche sull'aspetto eminentemente esecutivo
e tecnico dell'opera d'arte.
Tiziano giunge in vecchiaia ad una pittura di maggior sintesi
e sommarietà, certamente per una mutata visione del
mondo, ma anche per scopi pratici, perché costretto
dall'artrite a necessarie limitazioni motorie, come accade
per il seicentista Vittore Ghislandi (Fra' Galgario), che
in vecchaia arriva a realizzare direttamente con le dita dipinti
sempre più incisivi ed essenziali, come farà
Mirò, certo per un desiderio di concretezza che lo
porta a ricercare un rapporto fisico con la materia, ma anche
per eliminare il conflittuale rapporto con un pennello sempre
più difficile da manovrare.
Renoir, colpito negli ultimi anni della sua vita da una grave
forma di artrite deformante che lo relega sulla sedia a rotelle
e gli impedisce l'uso corretto delle dita, continua a dipingere
legandosi i pennelli alle mani ormai inservibili, recuperando
un acceso cromatismo che, in qualche modo, supplisce alla
maggior incertezza del segno, realizzando "Le bagnati",
sintesi del suo iter artistico ed umano.
Paul Klee comincia a soffrire di sclerodermia, una rara malattia
degenerativa, nel 1935 (ne morirà nel '40), vivendo
la sua vicenda personale con una drammaticità ed una
angosciata sofferenza rintracciabili chiaramente nella sua
ultima produzione: abbandonata la sua tipica, elegante flessuosità,
il segno si fa grosso, cupo, spezzato, appesantito dall'uso
del nero, che compare abbondante ed ossessivo negli ultimi
dipinti dove la mano, indurita dalla malattia, esprime la fatica
di disegnare e di vivere con una grafica sempre più
rigida e semplificata.
Francisco Goya, che incupisce il suo linguaggio dopo una grave
malattia che gli compromette l'udito, Edvard Munch, che acuisce
la disperata drammaticità del suo segno dopo la conclamazione
della tisi, Keith Haring, che avvertendo i primi segnali della
malattia, esegue con febbrile concitazione grafica uno straordinario "Tuttomondo",
struggente testamento spirituale, moderna "Guernica"
di cui ha lo stesso pathos immaginifico, Monet e Turner, che
cambiano radicalmente linguaggio per la presenza di un deficit
visivo dovuto della cataratta, e tanti altri sono l'esempio
di come una patologia invalidante possa alterare significativamente
il risultato estetico.
E' difficile discernere quanto la malattia fisica influenzi
l'opera d'arte sul piano dell'espressione dell'emotività
interiore e quanto su quello puramente funzionale e quindi
realizzativo, probabilmente la mutata percezione del mondo
e della vita collima con le nuove modalità espressive
e forse ogni artista ci racconta un suo personale compromesso
tra questi due aspetti, secondo un suo peculiare modo di relazionare
salute, malattia e creazione, sentimento ed autonomia di movimento,
ricordandoci ancora una volta che la comunicazione artistica
segue vie misteriose e che forse a volte proprio dalla negatività
della malattia derivano messaggi di straordinaria altezza.
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