Sono le riflessioni conclusive di
Robert Hughes durante un convegno sulla condizione dell'arte
oggi, tenutosi a Londra nel 2004, con la partecipazione di 300
tra artisti, architetti ed operatori del settore presso la Royal
Academy, da 235 anni emblematica roccaforte della tradizione
e spesso criticata perchè ritenuta paladina di una passatista
retroguradia culturale: giudizio non sempre veritiero, se pensiamo
che proprio lì Charles Saatchi ha allestito nel '97 la
sua dissacrante 'Sensation', dando il via alla Young British Art , uno dei più discutibili filoni dell'arte visiva inglese
contemporanea.
Hughes, australiano trapiantato negli USA, è un brillante
critico d'arte dai giudizi ironici e taglienti, autore fra
l'altro di un recente testo, "La cultura del piagnisteo", in cui la critica all'arte contemporanea è impietosa,
chiara, feroce e premeditata, discendendo da un'analisi acuta
non solo artistica, ma anche sociologica e di costume di una
società che tende paradossalmente a priviligiare i
perdenti, con una aprioristica presa di posizione contro l'elitarismo
e contro ogni valutazione di merito, nel nome di "una
lacrimosa avversione all'eccellenza".
La spettacolarizzazione della cultura, l'esasperazione dei
valori avanguardisti spesso usati come espediente per contrabbandare
come arte qualsiasi cosa, indiscriminatamente, giocando sull'ambiguità
del concettualismo moderno, l'isteria di un mercato manovrato
da ricchi sponsor ed inquinato da manovre commerciali e fiscali
che incoraggiano acquisti a cifre esorbitanti ed assolutamente
incongrue in operazioni da Hughes definite "un'oscenità
culturale", tutto ciò trasforma l'arte di oggi
in un effimero fenomeno di costume in cui le reputazioni durano
un giorno e le opere sono fugaci espressioni della moda e
delle manovre più o meno occulte di danarosi collezionisti-manager:
ciò appare evidente, ribadisce Hughes, soprattutto
nel mercato americano (non dimentichiamo che l'America è
la patria della Pop Art, per eccellenza una forma d'arte a
forte componente commerciale).
Lo spunto per la polemica conferenza di Hughes è stato
offerto dalla vendita effettuata nel giugno del 2004 da Sotheby's,
un vero record della vendita di quadri all'asta, di un Picasso
del periodo rosa datato 1905, "Il ragazzo con la pipa",
opera giovanile di 99,7 x 81,3 cm. che l'artista dipinse a
24 anni subito dopo l'arrivo a Montmatre, per 104 milioni
di dollari.
E se vogliamo parlare di altre cifre da capogiro
sempre riferite alla compravendita di opere d'arte moderna,
non possiamo non citare un De Chirico del periodo metafisico,
"Il grande metafisico" (1917) venduto per più
di 7 milioni di dollari ed una installazione di Cattelan,
"La battaglia di Trotsky", del 1996, aggiudicata
per più di 2 milioni di dollari.
Davanti a queste sconcertanti cifre, oltretutto sperperate
per l'acquisto di opere di scarso valore artistico, non resta
che dire "ben vengano uno, cento, mille Robert Hughes",
che ci aiutino a capire e a difenderci dalle devianze di un
sistema nel quale, come aggiuge Hughes, c'è certamente
del marcio.
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