E' questa che entra in gioco tutte le volte che siamo chiamati
a capire o gestire le emozioni, nostre o altrui, a rapportarci
con eventi non governabili razionalmente, a far fronte ad un
accadimento imprevisto ed imprevedibile.
Gli ultimi decenni di studi neurobiologici hanno sempre più
chiaramente delineato le modalità dei nostri meccanismi
emozionali e l'attività della parte più antica
del cervello, il sistema limbico, responsabile dei nostri
momenti di ira o paura o passione o gioia, convincendoci che
le emozioni sono attitudini irrinunciabili e fondamentali
della vita stessa e che, in definitiva, in noi convivono due
menti, una che pensa e una che sente.
Il rapporto fra la nostra parte razionale e quella emozionale varia in continuazione lungo un gradiente in ogni momento
ottimale per il nostro sviluppo evolutivo, segnalando di volta
in volta la necessità di indugiare a pensare e decidere
razionalmente oppure di lasciarci guidare immediatamente dall'emozione
e dall'intuizione, privilegiando la rapidità dell'azione.
Poichè la mente razionale ha bisogno di più
tempo per registrare le impressioni e reagire di conseguenza,
ogni risposta di impulso è frutto quindi della mente
emotiva: tuttavia c'è, sostiene Goleman, un secondo
tipo di reazione emozionale, più lenta della risposta-lampo,
ma più cosciente e consapevole, influenzata dall'elemento
cognitivo e da una valutazione piuttosto ampia di altri fattori.
Probabilmente è questo tipo di reazione emozionale
che si scatena nel caso dell'esperienza estetica, nella quale
un sentimento più articolato e più costruito
precede l'insorgere dell'emozione, che è in questo
caso una delle più complesse e complete sperimentabili
dall'uomo.
A differenza di quanto avviene per la nostra parte razionale,
che segue tracciati logici, cognitivi, culturali precisi,
la nostra parte emozionale è molto più plastica
e compie un continuo processo di interazione con le persone
con le quali siamo a contatto: grazie alle reciproche influenze e contaminazioni, le emozioni passano
con estrema facilità da una persona ad un'altra e diventano perciò comunicabili.
Antoine De Saint-Exupery fa dire al suo piccolo principe: "Non si vede bene
che col cuore..... ": forse questa è la miglior
chiave di lettura del fenomeno emozionale rappresentato dalla
creazione e dalla fruizione dell'arte, un'attività
umana che ha strette relazioni con l'empatia.
La parola deriva dal vocabolo greco empatheia, a
sua volta derivato dall'unione della preposizione en
ed il sostantivo pathos, ed esprime il concetto di
compartecipazione, di sintonia tra due o più individui
tramite l'instaurarsi di un sentimento di affetto o commozione.
Biologicamente, il sentimento dell'empatia è collegato
alla funzionalità di determinate aree corticali del
nostro cervello, con forti connessioni con il sistema limbico,
e all'attività dell'amigdala e delle sue connessioni
con alcune aree associative della corteccia visiva, il tutto
determinante un insieme di funzioni che permettono, nella
vita di relazione, di orchestrare risposte appropriate nelle
varie situazioni interelazionali.
L'empatia è alla base di molti aspetti della vita umana,
specie in campo morale, ma è fondamentale per compiere
l'esperienza estetica, specie per ciò che riguarda
l'arte moderna, quando si convenga che questa è anche
o soprattutto capacità da una parte di esprimere e
dall'altra di comprendere l'interiorità dell'animo
umano, secondo il significato che oggi attribuiamo al concetto
di arte moderna inaugurato dall'Espressionismo.
La mente emozionale procede secondo la logica associativa,
perciò le similitudini, le metafore, le immagini rappresentative
si rivolgono direttamente alla mente emozionale, al "cuore"
dell'uomo, in ciò che Freud chiama "processo
primario del pensiero", che governa la logica dell'arte,
della religione, del sogno, del mito, situazioni al di fuori
del tempo e della legge di causa-effetto: lì tutto
è possibile, tutto è comprensibile, anche al
di fuori di ogni riferimento naturalistico e realistico (con
particolare riferimento all'arte visiva moderna, dove l'antinaturalismo è ormai accettato ed interpretato come uno dei molteplici elementi linguistici).
Poichè la mente emozionale segue questa logica e queste
regole, non è necessario che la realtà venga
definita nella sua identità oggettiva, non conta ciò
che appare ma ciò che viene percepito, con i caratteri
di soggettività che sono propri di ogni essere umano,
e ciò che un'opera d'arte ci richiama alla memoria può
essere più importante di ciò che oggettivamente
ci comunica.
Per la mente emozionale, ogni singola parte di un tutto ha
il potere di evocare l'intero (teoria della gestalt) collegando
le immagini in base ad aspetti sommariamente omogenei, con
un certo margine di indiscriminazione e superficialità,
creando così uno spazio di manovra, quello stesso in
cui nascono le illusioni ottiche, nel quale si collocano le
esperienze emozionali di più individui che avranno,
di una stessa opera d'arte, esperienza diversa per ciascuno
di loro.
Mentre la mente razionale ragiona in base a prove oggettive
e sperimentali, la mente emozionale è autoconvalidante,
autogiustifica i propri sentimenti e non ha bisogno di riscontri
oggettivi, le sue percezioni sono atemporali ed illogiche,
è questo che ci fa commuovere davanti ad un quadro
di Munch o di Van Gogh, pur sapendo che i colori non hanno
nulla di realistico e che ciò che vediamo è
una rappresentazione non reale, ma mentale di quegli artisti.
La nostra mente emozionale è sostanzialmente infantile,
tanto più quanto più è alto il livello
emotivo raggiunto, portata ad essere perciò categorica,
tendente ad una personalizzazione del pensiero, a percepire
gli eventi in maniera deformata, ricondotti esclusivamente
al proprio io, in uno stato di assoluta soggettività,
proprio quello di chi realizza o osserva un'opera
d'arte e non chiede nè dà giustificazioni del
suo operare o percepire.
Nell'esperienza artistica il flusso emotivo è determinato
da associazioni libere, da sostituzioni in cui il simbolo sostituisce il reale, l'attività percettiva è
prevalente rispetto a quella cognitiva ed i contenuti della
rappresentazione vengono "sentiti" piuttosto che
"pensati", coinvolgendo tutti i sensi, anche se
in percentuale diversa: sono appunto questi i processi di
pensiero primario di Freud, caratterizzati da meccanismi primitivi,
rapide esplosioni di energia e contenuti aggressivi spesso
risalenti all'infanzia.
In presenza dell'emozione che ci comunica un'opera d'arte,
la mente, attraverso la memoria selettiva, riesuma un preciso
repertorio di pensieri, ricordi, reazioni e persino specifici
contrassegni biologici, immagazzinati durante le esperienze
in precedenza vissute, mettendo in atto un insieme di mutamenti
che interessano tutto l'organismo.
E' l'avverarsi del sogno di Kandinskij e dell'esperienza globale
dell'arte che, a nostra stessa insaputa, coinvolge totalmente
sia il nostro cuore che la nostra mente. |