"Disattiva la mente e l'occhio si schiude
invano" (antico detto cinese)
I sistemi di comunicazione tecnologica che si stanno instaurando
così velocemente nella nostra cultura, sono destinati
a cambiare gradualmente la struttura cerebrale umana, mettendo
in crisi l'impostazione sostanzialmente meccanicistica della
nostra capacità cognitiva.
Infatti la grande quantità e la velocità dei
flussi di informazioni che ci sommergono in ogni istante,
obbligano, a livello neurologico e sensoriale, ad una continua
operazione di adattamento, in primo luogo per selezionare
le informazioni e quindi per adeguare i processi cognitivi
al mondo contemporaneo, anche a fronte delle intrinseche capacità
di neurogenesi del cervello.
Il LRE-EGO-CreaNET , interessante progetto del Laboratorio
di Ricerca Educativa dell'Università di Firenze, parte
da una revisione ed una riconsiderazione delle cognizioni
intuitive antiche, espressione di un potente patrimonio immaginario
in grado di guidarci attraverso la trasformazione da un modello
interpretativo della realtà prettamente meccanico ad
uno bio-tecnologico, quindi, in estrema sintesi, a superare
la concezione che porta a separare nettamente "l'oggetto
veduto dal soggetto vedente" (Paolo Manzelli su Psycomedia)
Il concetto di base è che la percezione della realtà
a noi esterna è una simulazione ricostruttiva, una
rappresentazione visiva, una ipotesi di interazioni tra noi
e l'ambiente spazio-temporale, operata dal cervello compiendo
una elaborazione delle percezioni sensoriali (immagini, suoni,
odori e sapori) non illusoria, ma certamente trasfigurata
rispetto alla realtà.
E' facile intuire che, se tra le varie speci viventi, si
sono col tempo instaurate notevoli differenze, in particolare
per ciò che riguarda la percezione visiva, informazione
indotta sulla retina dalle radiazioni luminose, analogamente
si possono trovare apprezzabili differenze percettive anche
tra gli uomini, poichè "la significazione cerebrale,
in ultima analisi viene a dipendere dalla genetica umana,
che è personalizzata per ciascuno di noi" (Paolo Manzelli)
E' allora lecito chiedersi se lo studio della mente e del
cervello possa contribuire alla conoscenza dei processi comunicativi
prodotti dai fenomeni artistici, fatto salvo il fatto che,
se il cervello non fotografa la realtà, ma la ricostruisce
sulla base delle informazioni che riceve, ognuno di noi, geneticamente
unico, ricostruirà in modo diverso ciò che la
sua retina gli trasmette e quindi, per esempio, lo stesso
quadro verrà visto in modo diverso da uno o da un altro,
da un critico d'arte o da un profano.
Secondo Paolo Manzelli, direttore del LRE-EGO-Crea-NET, il
cervello compie continue sincronizzazioni, integrazioni e
confronti interattivi dei segnali bio-chimici e bio-elettrici
che gli giungono, tenendo conto di sincronie percettive precedentemente
memorizzate, così che il "campo di rappresentazione
visuale, è pertanto definibile come un "pattern
multimediale", fornito dalla analisi delle probabilità
delle possibili nostre interazioni corporee con l'ambiente."
Ciò significa che ha determinante importanza, ai fini
della rappresentazione visiva, il vissuto che ognuno di noi
ha alle spalle, il precedente esperito, diverso per ciascuno
di noi, reale o simbolico o immaginario che sia, introducendo
un'ulteriore variabile, non fisiologica ma culturale, nella
comprensione del fenomeno visivo e quindi dell'arte visiva.
Oggi il modello del realismo percettivo appare più
che mai obsoleto, così come il concetto che ci siano
aree degli emisferi cerebrali (quelle occipitali) in grado
di "vedere", in quanto sappiamo che l'attività
visiva si supporta su un complesso sistema attenzionale di
focalizzazione "per effettuare un riconoscimento mnemonico
ed emozionale dei dati sensoriali" (Paolo Manzelli) coinvolgente varie
aree cerebrali.
Alla luce delle attuali conoscenze, oggi sappiamo che la capacità
di percezione visiva dell'uomo si è evoluta non tanto
per ricostruire indiscriminatamente le immagini di una realtà
rovesciata per mezzo di una serie di reazioni fotochimiche,
ma per selezionare e ritenere quelle immagini che risultino
utili alla sopravvivenza ed alla evoluzione mentale.
Attualmente, la realtà virtuale e le simulazioni computerizzate
della realtà che sempre più frequentemente ci
riguardano da vicino rendono assolutamente inadeguato e riduzionista
il concetto del "realismo percettivo", largamente
approssimato nell'accordare l'occhio con "una mente coscientemente
creativa", lasciando spazio alla possibilità che
si confondano le immagini virtuali con quelle cosiddette reali.
Già in passato era stato empiricamente dimostrato con
studi sulle illusioni percettive che la predisposizione dell'attenzione
o della capacità di concentrazione può influire
massicciamente sul risultato percettivo, modificando temporaneamente
la capacità di percezione, come oggi sappiamo, producendo
una variazione elettromagnetica dell'attività cerebrale:
numerosi dati sperimentali molto significativi, unitamente
agli studi di Donald O. Hebb , considerato il fondatore della
psicobiologia connessionista, dimostrano che la attivazione
o disattivazione simultanea di particolari aree neuronali
modifica temporaneamente le caratteristiche di flessibilità
cerebrale, in definitiva interferendo con i meccanismi di
ristrutturazione della flessibilità cerebrale deputati
all'apprendimento.
Dal rapporto segnale percettivo-attività elettromagnetica
e biochimica-flessibilità cerebrale si capisce come
l'utilizzo dei mezzi di comunicazione possa agire indirettamente
sulla strutturazione cerebrale e sulle strategie significative
mentali, influenzando la rappresentazione del mondo esterno
data dai sensi, il cosiddetto realismo cognitivo.
Se, come è, l'attività cerebrale di rappresentazione
visiva non ci fa comunque percepire la realtà oggettiva,
appare quantomai opportuna la strutturazione di una comunicazione
che tenga conto della capacità creativa della mente,
e quindi della sua capacità artistica, che trascende
i fattori propriamente genetici e determina nuove interconnessioni
cerebrali che potremmo definire di natura culturale.
In alcuni artisti in particolare, come Picasso o Dalì,
si può notare come le cognizioni della fisica moderna
abbiano indotto la ricerca di un sistema cognitivo nuovo e
più adeguato al variato concetto del rapporto spazio-tempo
introdotto dalla teoria della relatività, superando
un modello concettuale storicamente sorpassato, creando una
realtà immaginaria frutto di un processo creativo culturalmente
più avanzato: il potenziale immaginario dell'uomo ed
il suo utilizzo creativo, che sono importanti e peculiari
caratteristiche dell'artista, appaiono quindi altrettanto
importanti per un generale processo di apprendimento.
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