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Soggettività della visione artistica
di Vilma Torselli
pubblicato il 19/04/2007
Adattamento dei processi cognitivi con il patrimonio intuitivo ed immaginario individuali.
"Disattiva la mente e l'occhio si schiude invano" (antico detto cinese)

I sistemi di comunicazione tecnologica che si stanno instaurando così velocemente nella nostra cultura, sono destinati a cambiare gradualmente la struttura cerebrale umana, mettendo in crisi l'impostazione sostanzialmente meccanicistica della nostra capacità cognitiva.
Infatti la grande quantità e la velocità dei flussi di informazioni che ci sommergono in ogni istante, obbligano, a livello neurologico e sensoriale, ad una continua operazione di adattamento, in primo luogo per selezionare le informazioni e quindi per adeguare i processi cognitivi al mondo contemporaneo, anche a fronte delle intrinseche capacità di neurogenesi del cervello.

Il LRE-EGO-CreaNET , interessante progetto del Laboratorio di Ricerca Educativa dell'Università di Firenze, parte da una revisione ed una riconsiderazione delle cognizioni intuitive antiche, espressione di un potente patrimonio immaginario in grado di guidarci attraverso la trasformazione da un modello interpretativo della realtà prettamente meccanico ad uno bio-tecnologico, quindi, in estrema sintesi, a superare la concezione che porta a separare nettamente "l'oggetto veduto dal soggetto vedente" (Paolo Manzelli su Psycomedia)
Il concetto di base è che la percezione della realtà a noi esterna è una simulazione ricostruttiva, una rappresentazione visiva, una ipotesi di interazioni tra noi e l'ambiente spazio-temporale, operata dal cervello compiendo una elaborazione delle percezioni sensoriali (immagini, suoni, odori e sapori) non illusoria, ma certamente trasfigurata rispetto alla realtà.

E' facile intuire che, se tra le varie speci viventi, si sono col tempo instaurate notevoli differenze, in particolare per ciò che riguarda la percezione visiva, informazione indotta sulla retina dalle radiazioni luminose, analogamente si possono trovare apprezzabili differenze percettive anche tra gli uomini, poichè "la significazione cerebrale, in ultima analisi viene a dipendere dalla genetica umana, che è personalizzata per ciascuno di noi" (Paolo Manzelli)
E' allora lecito chiedersi se lo studio della mente e del cervello possa contribuire alla conoscenza dei processi comunicativi prodotti dai fenomeni artistici, fatto salvo il fatto che, se il cervello non fotografa la realtà, ma la ricostruisce sulla base delle informazioni che riceve, ognuno di noi, geneticamente unico, ricostruirà in modo diverso ciò che la sua retina gli trasmette e quindi, per esempio, lo stesso quadro verrà visto in modo diverso da uno o da un altro, da un critico d'arte o da un profano.

Secondo Paolo Manzelli, direttore del LRE-EGO-Crea-NET, il cervello compie continue sincronizzazioni, integrazioni e confronti interattivi dei segnali bio-chimici e bio-elettrici che gli giungono, tenendo conto di sincronie percettive precedentemente memorizzate, così che il "campo di rappresentazione visuale, è pertanto definibile come un "pattern multimediale", fornito dalla analisi delle probabilità delle possibili nostre interazioni corporee con l'ambiente."
Ciò significa che ha determinante importanza, ai fini della rappresentazione visiva, il vissuto che ognuno di noi ha alle spalle, il precedente esperito, diverso per ciascuno di noi, reale o simbolico o immaginario che sia, introducendo un'ulteriore variabile, non fisiologica ma culturale, nella comprensione del fenomeno visivo e quindi dell'arte visiva.

Oggi il modello del realismo percettivo appare più che mai obsoleto, così come il concetto che ci siano aree degli emisferi cerebrali (quelle occipitali) in grado di "vedere", in quanto sappiamo che l'attività visiva si supporta su un complesso sistema attenzionale di focalizzazione "per effettuare un riconoscimento mnemonico ed emozionale dei dati sensoriali" (Paolo Manzelli) coinvolgente varie aree cerebrali.
Alla luce delle attuali conoscenze, oggi sappiamo che la capacità di percezione visiva dell'uomo si è evoluta non tanto per ricostruire indiscriminatamente le immagini di una realtà rovesciata per mezzo di una serie di reazioni fotochimiche, ma per selezionare e ritenere quelle immagini che risultino utili alla sopravvivenza ed alla evoluzione mentale.

Attualmente, la realtà virtuale e le simulazioni computerizzate della realtà che sempre più frequentemente ci riguardano da vicino rendono assolutamente inadeguato e riduzionista il concetto del "realismo percettivo", largamente approssimato nell'accordare l'occhio con "una mente coscientemente creativa", lasciando spazio alla possibilità che si confondano le immagini virtuali con quelle cosiddette reali.
Già in passato era stato empiricamente dimostrato con studi sulle illusioni percettive che la predisposizione dell'attenzione o della capacità di concentrazione può influire massicciamente sul risultato percettivo, modificando temporaneamente la capacità di percezione, come oggi sappiamo, producendo una variazione elettromagnetica dell'attività cerebrale: numerosi dati sperimentali molto significativi, unitamente agli studi di Donald O. Hebb , considerato il fondatore della psicobiologia connessionista, dimostrano che la attivazione o disattivazione simultanea di particolari aree neuronali modifica temporaneamente le caratteristiche di flessibilità cerebrale, in definitiva interferendo con i meccanismi di ristrutturazione della flessibilità cerebrale deputati all'apprendimento.

Dal rapporto segnale percettivo-attività elettromagnetica e biochimica-flessibilità cerebrale si capisce come l'utilizzo dei mezzi di comunicazione possa agire indirettamente sulla strutturazione cerebrale e sulle strategie significative mentali, influenzando la rappresentazione del mondo esterno data dai sensi, il cosiddetto realismo cognitivo.
Se, come è, l'attività cerebrale di rappresentazione visiva non ci fa comunque percepire la realtà oggettiva, appare quantomai opportuna la strutturazione di una comunicazione che tenga conto della capacità creativa della mente, e quindi della sua capacità artistica, che trascende i fattori propriamente genetici e determina nuove interconnessioni cerebrali che potremmo definire di natura culturale.

In alcuni artisti in particolare, come Picasso o Dalì, si può notare come le cognizioni della fisica moderna abbiano indotto la ricerca di un sistema cognitivo nuovo e più adeguato al variato concetto del rapporto spazio-tempo introdotto dalla teoria della relatività, superando un modello concettuale storicamente sorpassato, creando una realtà immaginaria frutto di un processo creativo culturalmente più avanzato: il potenziale immaginario dell'uomo ed il suo utilizzo creativo, che sono importanti e peculiari caratteristiche dell'artista, appaiono quindi altrettanto importanti per un generale processo di apprendimento.


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