Alvar Aalto concilia il rigore geometrico dell'architettura
razionalista con la fluidità di forme empiriche mutuate
dalla natura, dando origine a quella che sarà l'architettura
organica finlandese, nelle sue linee generali.
Da allora la direzione-guida per gli architetti finlandesi
è quella della economicità e funzionalità
nella costruzione di ambienti gradevoli, ecologici, a misura
d'uomo, con un'attenzione particolare per le finalità
d'uso di progetti che possano essere realizzati con l'impiego
delle tecnologie disponibili e di materiali abbondantemente
reperibili nell'ambiente di riferimento (basta pensare all'uso
del legno e alle tecnologie del compensato curvato).
E' su queste premesse che Eero Saarinen (1910-1961) testimonierà
la presenza della cultura finlandese negli Stati Uniti, sia
nel campo del design, sia in quello più specificatamente
architettonico, con un'estrema coerenza di linguaggio tra
i due aspetti della sua attività, riferibile sostanzialmente
all'uso indiscriminato della linea curva, con tutto quello
che la scelta significa: è un tema già anticipato
da Aalto in molte delle sue progettazioni, tra le quali il
famoso padiglione dell'Esposizione di New York del '39.
Scrive Oscar Niemeyer: "Non
è l'angolo retto che mi attira. Neppure la linea retta,
dura, inflessibile, creata dall'uomo. Quello che mi attira
è la linea curva, libera e sensuale. La linea curva
che ritrovo nelle montagne del mio paese, nel corso sinuoso
dei suoi fiumi, nelle nuvole del cielo, nel corpo della donna
amata. L'universo intero è fatto di curve. L'universo
curvo di Einstein."per ribadire il fascino che la linea
curva esercita da sempre sulla fantasia creativa di ogni artista.
La celebre serie dei mobili con piedistallo circolare, le
sedie a calice Tulip, gli elementi creati per la Knoll International,
sono la concretizzazione di un concetto organico del design,
dove viene risolto in termini di estrema pulizia formale ed
essenzialità progettuale ciò che Saarinen chiamava
il problema del "bassofondo delle gambe", in un
processo di progressiva essenzializzazione del design della
seduta (a lui si deve anche l'invenzione della sedia a scocca,
con sedile e schienale in un unico pezzo).
Saarinen, come tutti i designer nordici, non ricerca un effetto
di impatto immediato, crea prodotti esteticamente perfetti,
di un rigore metafisico, pervasi dalla perfezione immutabile
dei suoi boschi di betulle, dalla quiete solenne dei suoi
ampi orizzonti, sublimando così i limiti di una interpretazione
tecnicistica che pone una relazione di dipendenza tra la forma
ed il materiale utilizzato e che riguarda da vicino molte
delle progettazioni non solo di Saarinen, ma anche di Marcel
Breuer, di Mies Van der Rohe, di Aalto, di Charles Eames.
In campo architettonico Saarinen si può collocare nell'ambito
del movimento espressionista, oggi convertito in una action
architecture, definizione coniata da Bruno Zevi, che prende le mosse dall'action
painting di Pollock e dai suoi dipinti all over, espressionismo che pareva definitivamente superato
dalle teorie razionaliste e che invece ricompare clamorosamente
nell'impianto ondulato della parete lignea del padiglione
di Alvar Aalto del '39, monumento critico all'International
Style e riaffermazione di una poetica organicista che pare coincidere
con una categoria dello spirito.
Tanto che, agli inizi degli anni '50, lo stesso Le Corbusier,
con un gesto clamoroso e radicale che mette in crisi la definitività
delle sue stesse teorie, realizza la rivoluzionaria chapelle di Ronchamp, distruggendo così, in un turbine di linee
curve, il codice razionalista, superato e frantumato in quella
che Manfredo Tafuri chiama 'spazialità labirintica',
con significato borgesiano.
In questo clima agisce il Saarinen architetto e realizza la
sua opera più famosa, il terminal TWA dell'aeroporto
Kennedy di New York (1956-62).
La struttura sorge "con i piedi ben piantati sulla terra",
come raccomandava ai collaboratori quando progettava i suoi
grattacieli, e dalla terra si eleva, come i suoi tavoli e
le sue sedie, in modo graduale, da una solida base estesa
che si riduce salendo secondo un diagramma curvilineo (immediato
il rimando ad Antonio Gaudì), a suggerire un moto ascensionale
continuo, fluido e lento come il processo di crescita di un
albero dei boschi nella sua terra d'origine.
La tecnologia viene qui utilizzata con valenza etica, come
mezzo per recuperare un rapporto con la natura, intesa non
solo come modello da imitare o da asservire, ma come modello
operazionale
L'edificio rinvia, al primo colpo d'occhio, all'idea del volo:
dispiegando grandi volte a conchiglia pare pronto per il decollo,
pronto per una metamorfosi che lo tramuti in gigantesco uccello,
esprimendo fin dal primo impatto l'idea di un'organicità
totale, di forma e contenuto, un segnale forte dell' "essere
in un luogo".
Indubbiamente il danese Jòrn Utzon pensa a Saarinen
quando, dieci anni dopo, progetta la sua Opera House di Sydney, così come se ne ricorda Calatrava per le sue dinamiche strutture a linea curva.
L'esterno e l'interno paiono scolpiti dal vento o, come certe
rocce del deserto, levigati da millenni di tempeste, a proporre
in chiave naturalistica il tema della fluidità di uno
spazio che sembra creato da un fiume che scorre, scavando
continuamente il suo alveo all'interno della struttura.
Coerentemente, i percorsi si presentano agevoli, piacevolmente
privi di schemi apparenti, la luce scivola sulle pareti curve
con effetti inusuali, configurando ad ogni ora del giorno
nuovi scenari, accostando così, quasi a livello subliminale,
la struttura ai parametri naturali e spontanei della realtà,
sfumando il rapporto tecnologico-funzionale nel rapporto uomo-architettura-natura,
in un linguaggio emancipato da costrizioni compositive, dalla
simmetria, dalla perpendicolarità, dalla linea retta
e dalla complanarità, un linguaggio senza codici prefissati
né aprioristici tabù.
Se osserviamo come le tendenze attuali dell'architettura privilegino
sempre più la non linearità, la decostruzione,
per usare un termine controverso, la organicità complessa
di strutture libere, la capacità di perseguire modelli
estetici sempre più vicini ai caratteri ambientali
della natura, se infine siamo d'accordo con Jane Jacobs per la quale
"la monotonia è una grande tragedia", allora
riusciremo a capire appieno quanto questo uomo del nord sia
stato sensibile anticipatore dei nostri tempi, dei sogni e
delle fantasie di tutti noi, che abitiamo sulla terra.
link:
La Tulip chair di Eero Saarinen
La linea curva
Retta e curva, una coppia in bilico
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