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Testi di Vilma Torselli su "Antithesi", giornale online di critica d'architettura.
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American Art 1961-2001 la storia dell'arte moderna negli Stati Uniti tra due momenti decisivi della storia americana, la guerra del Vietnam e l'attacco alle Torri Gemelle. |
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Parigi, all’Espace Lafayette-Drouot "The World of Bansky”, su 1200 mq. esposte un centinaio di opere del più famoso street artist del mondo. Fino al 31 dicembre 2021.
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Alvar Aalto
di Vilma Torselli
pubblicato il 2/06/2007 * |
Lo spazio interno compresso,
la cavità dell'edificio, sede e cuore pulsante della
sua funzione sociale, vero tema centrale nell'opera del più
celebre architetto finlandese. |
Quando nasce Hugo Alvar Henrik Aalto (1898 – 1976) la Finlandia è ancora un granducato russo e bisognerà aspettare la guerra civile del 1917 perché il paese veda riconosciuta la propria indipendenza e consolidi una propria identità culturale, l’autonomia amministrativa e, in campo architettonico, la libertà espressiva che porterà questa piccola nazione a configurare un proprio stile utilizzando innovativi codici linguistici grazie sopratutto all’elaborazione in chiave moderna ed originale che della passata cultura faranno i giovani architetti nati in questo delicato passaggio di secolo.
Lo scorso ottobre 2017 la Finlandia ha celebrato il Centenario dell’Indipendenza ed in questo 2018 celebra i 120 anni dalla nascita di uno dei suoi figli più illustri.
Alvar Aalto (1898 – 1976) ed Eero Saarinen (1910 – 1961) sono i più noti oltre i confini della loro patria, entrambi accomunati nella ricerca di un’architettura a misura d’uomo, lontana dalle istanze teoriche e retoriche del Razionalismo, rispettosa, come scrive Aalto, delle “esigenze sociali, umane, economiche, connesse a problemi psicologici che toccano tanto l'individuo quanto il gruppo [……] tutto ciò è una matassa incredibile, che non si può sbrogliare con alcun metodo razionale e meccanico”.
Per questa via, trovano spazio nell’architettura di Aalto linee ondulate e fluide, composizioni asimmetriche, accurato studio della luce naturale, così importante per il benessere psicofisico dell’essere umano specie in un paese dove l’inverno concede poche ore al giorno di luce solare
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Tra le opere realizzate da Alvar Aalto, la sala finlandese dell'Esposizione di New York del 1939 è una piccola,
perfetta sintesi di tutti gli elementi espressivi di questo
architetto originale ed innovativo che, in assoluta modestia
ed umana umiltà, ha fatto la sua rivoluzione e cambiato
il corso della storia dell'architettura moderna. La realizzazione della celebre parete lignea del padiglione della Finlandia,
con le sue curve ardite di grandiosa armonia, ha richiesto certamente
una dose straordinaria di coraggio, creatività ed indipendenza
intellettuale in un'epoca in cui il razionalismo di Le Corbusier stava ristagnando nella
ricerca sterile di regole rigide, di un canone generale "applicabile
universalmente all'architettura e alla meccanica". |
In effetti, Aalto avrà contatti con l'international Style solo quando la sua attività di designer esigerà l'introduzione di elementi metallici di produzione seriale che, in qualche modo, lo spingeranno a contaminare la linea rigorosamente ecologica dei suoi progetti: tuttavia l'uso del legno di betulla finlandese, di particolare umidità naturale, piegato a vapore fino ad ottenere in un unico pezzo, senza saldature e piegature secche, forme anche complesse resterà comunque e sempre il campo di eccellenza
entro il quale si muoverà la sua sperimentazione.
Lo stesso filo conduttore ininterrotto e coerente guida la sua progettazione architettonica: sottraendosi alla schematica linearità del razionalismo,
Aalto reinventa lo spazio mediante linee
e superfici curve di grande tensione dinamica, progettando
lo spazio vuoto, lo spazio interno compresso, la cavità
dell'edificio, sede e cuore pulsante della sua funzione sociale,
vero tema centrale della sua opera.
Tutti i fondamentali temi della poetica di Alvar Aalto,
l'uso del legno, la ricerca sulla luce, il rapporto con la
natura, sono fortemente influenzati dal semplice fatto che la
'geografia' dell'arte è da sempre una variabile importante
della 'storia' dell'arte, come si evince da un confronto tra le due più importanti civiltà arcaiche, quella
egizia e quella sumerica. |
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L'architettura
egizia, di composta essenzialità, lineare, misurata, esprime lo
spirito di una civiltà in grado di dominare le tensioni sociali, fortemente
gerarchica, a struttura verticistica e piramidale (è
il caso di dirlo!), fondata su una serie di inderogabili certezze,
in ciò innegabilmente influenzata da un ambiente
naturale piatto, desertico, dove anche l'esondazione del Nilo non presenta incertezze e si ripete
con periodicità tanto cronometrica che sull'evento viene modellato il calendario. |
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La contemporanea civiltà mesopotamica, invece, percorsa
certamente da altre problematiche, ma anche localizzata in
una zona geografica, alla confluenza tra il Tigri e l'Eufrate,
molto turbolenta, sismica, soggetta a grandi sconvolgimenti
naturali, esprime, attraverso la sua architettura, un forte desiderio
di drammaticità e tridimensionalità, in termini
fortemente plastici, vigorosi, contrastati. |
Fortemente legata al territorio ed alle sue caratteristiche fisiche, una natura incontaminata fatta di immensi boschi e gelide acque che conferiscono una sorta di imprinting, di impronta identitaria comune agli appartenenti alla stessa cultura,
la Scuola nordica del '900 si mantiene sostanzialmente omogenea nell'approccio alla 'verità' dei materiali ed alla 'sacralità' dello spazio interno, in paesi in cui rivestono grande importanza sia la vicinanza delle fonti di approvvigionamento, i boschi di betulle, sia la progettazione degli ambienti abitati, per lunghi periodi dell'anno rifugio dai rigori climatici, a misura d'uomo, confortevoli, funzionali.
La stessa filosofia ritroviamo in Eero Saarinen, che da Aalto deriva l'accento ambientalista e la fluidità delle linee curve di architetture organiche che sembrano mimare il processo di crescita di un albero, o nel danese Jørn Utzon che dispiega nella baia di Sydney il volo bianco della sua Opera House.
Tutto parte da lì, dal gesto libero e innovativo di Aalto che taglia diagonalmente lo spazio interno della sala, alta 16 metri, con la sua famosa parete ondulata suddivisa in fasce orizzontali, inclinate quasi protettivamente sul visitatore, uno spazio incombente, avvolgente, totalizzante che suggerisce nuove modalità percettive esaltando le potenzialità espressive e costruttive del legno di betulla, duttile e flessibile.
L'uso della linea curva, il respiro ampio
e pacato dell'ondulazione, la morbidezza tattile del materiale,
la libera disposizione planimetrica, da tutto ciò resterà affascinato anche Frank
Lloyd Wright, padre dell'architettura organica.
"..... Quello che mi attira è la linea curva, libera e sensuale. La linea curva che ritrovo nelle montagne del mio paese, nel corso sinuoso dei suoi fiumi, nelle nuvole del cielo, nel corpo della donna amata....." scrive Oscar Niemeyer, suggerendoci che, talvolta, conoscere può voler dire
ricordare.
Quando abbiamo deciso di abbandonare le caverne ed uscire
alla luce del sole, la prima casa che abbiamo costruito aveva
la pianta a forma di cerchio, come il nido degli uccelli,
come le tane degli animali, come la buca scavata nel terreno
per proteggerci dal vento, come i simboli preistorici che
abbiamo disegnato sulla roccia: la linea curva è il
porto, l'abbraccio, il grembo materno, il recinto, è
protezione, rifugio, sicurezza.
Da lì arriva il rassicurante messaggio che quella parete
curva ci trasmette, dal nostro passato, dal nostro cervello
arcaico sepolto sotto i più recenti strati del nostro
cervello di razionali uomini moderni.
E in certi casi, forse, l'arte compie proprio questo lavoro
di archeologia mentale, dissotterra ricordi sepolti e ce li
restituisce sotto forma di emozioni.
* articolo aggiornato il 24/06/2018
link:
Quarant'anni dalla morte di Alvar
Aalto
La linea curva
Retta e curva, una coppia in bilico
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