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Giambattista Piranesi
di Vilma Torselli
pubblicato il 2/06/2007 |
L'interprete di un periodo
di transizione dal tardo barocco al neoclassicismo del quale
coglie sfumature e passaggi sottili ed inquietanti, echi romantici,
anticipazioni espressioniste con un'inquietudine esistenziale
nella quale è riposta la sua sorprendente modernità. |
Giovanni Battista Piranesi (1720-1778) fu fantastico inventore di architetture
straordinarie, potenti, originali, creatore di interni grandiosi
e complessi, di ambientazioni fantastiche e suggestive ma non
fu certamente architetto.
Perché per essere architetto non basta inventare lo spazio,
progettarlo, rappresentarlo, bisogna non mancare l'appuntamento
finale che ogni architetto attende e teme con l'opera compiuta,
con la verifica della coerenza tra ciò che è stato
pensato e ciò che è stato realizzato, con se stesso,
in definitiva, e con il timore di scoprire di aver fallito.
Forse Piranesi ha vissuto la mancanza di questa esperienza come
una tragedia, lui che, giovane incisore a Roma, si firmava "Gio.
Batta Piranesi architetto veneziano", con l'intenzione
di affermare più incisivamente la sua identità
di uomo ed artista attraverso due parole superflue e al tempo
stesso precise sulla sua attività e la sua origine, forse
denunciando in tal modo la volontà o il timore di essere
altro.
Certamente Piranesi esprime meglio di qualunque contemporaneo
il suo tempo e le contraddizioni di un periodo di transizione
dal tardo barocco al neoclassicismo del quale egli coglie sfumature
e passaggi sottili ed inquietanti, mescolati ad echi romantici,
ad anticipazioni espressioniste e ad un'inquietudine esistenziale
nella quale è riposta la sua sorprendente modernità.
Piranesi fu acuto critico, studioso, teorico dell'architettura,
celebre la sua infuocata e quasi maniacale difesa della matrice
etrusca e non greca dell'arte romana, l'intuizione di un tema
"funzionale" nell'architettura romana, la ricerca
di canoni architettonici depurati dall'eccesso di decorativismo,
la passione per le rovine di Roma, nell'ambito di una poetica
neoclassica e sepolcrale che ritroviamo in molte forme d'arte
del periodo pre-romantico e romantico (in letteratura, si pensi
a Foscolo e a Pindemonte o a Edward Young e Thomas Gray).
Anche grazie alla frequentazione del Tiepolo, la
sua interpretazione del tema delle rovine è del tutto
originale, lontana dalla nobile contemplazione classicista,
per la complessità e l'ambiguità della costruzione
scenica, l'uso di prospettive innaturalmente dilatate, il trattamento
dei piani dell'immagine che anticipano, talvolta, addirittura
la ricerca pre-cubista (per esempio di Cezanne) o anche certi
atteggiamenti del Surrealismo: siamo di fronte ad una rappresentazione
"en plain air", dove comunque, cedendo a qualche tentazione
psicoanalitica, si intuisce che il fine ultimo è la discesa
in un interno segreto, alla ricerca dei fantasmi che si annidano
in quelle rovine, alla ricerca di sé stesso, del "profondo
specchio cupo" che riflette la sua parte oscura. |
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Giovanni Battista Piranesi, "Carceri d'invenzione" |
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Maurits Cornelis Escher, "Relatività" |
Piranesi giunge così alle 'Carceri d'invenzione', 16 incisioni realizzate tra il 1745 e il 1750, luoghi dell'anima,
labirinti mentali nei quali l'artista si addentra a più
riprese, affondando ed intricando i segni, scavando le lastre
con violenza liberatoria, accentuando i nuclei d'ombra, sprofondando
nella materia, drammatizzando ed incupendo la composizione,
risucchiato ogni volta più in profondità da quegli
antri notturni .
In Piranesi lo spazio cavo è inequivocabile metafora
dell'interiorità psicologica, chiaro il significato "viscerale"
ed emotivo di rappresentazioni come quelle delle Carceri, strutture
architettoniche potenti, frutto di un prorompente processo organico
autogenerante, claustrofobiche eppure dilatate e illimitate,
mosse da uno slancio verso l'alto in un crescendo di ritmica
barocca, ambigue dimore di esseri umani sperduti, di oniriche
creature di pietra, percorse da scale senza sbocco, attraversate
da epigrafi ed iscrizioni, agglomerato di elementi disparati
assemblati in un surreale processo di accumulo.
Eppure Piranesi, barocco, convulso e talvolta eccessivo, ha
nascoste e sorprendenti analogie con Maurits Cornelis Escher,
apparentemente il più lontano da lui nel consesso dei
grandi grafici della storia dell'arte.
Ecco, forse Escher potrebbe essere un Piranesi , trapiantato
nel '900, sdraiatosi sul lettino del dottor Freud per qualche
annetto di sedute di analisi.
Proprio Escher, geniale inventore di mondi impossibili, di grafiche raffinatissime
dove la divisione dei piani ed il gioco dei rimandi sottintendono
una cultura visiva sottile, matematica, geometrica e filosofica,
in analogia con le teorie di Roger Penrose ed i suoi puzzles matematici o con il relativismo einsteiniano, ha realizzato
tra l'altro un gruppo di opere che, seppure senza apparente
legame logico o stilistico, riportano prepotentemente alla memoria
le Carceri.
Si tratta di una notissima serie di rappresentazioni di interni
vasti, articolati, animati da moti ascensionali, da scale a
saliscendi, da strutture imprevedibili e complesse, abitati da ieratiche
figure, dove l'illusione ottica, l'inganno dei sensi, collocano
l'osservatore in un mondo onirico e fantastico quanto quello
di Piranesi, percorso, però, da una controllata armonia
interiore che trasmette l'idea di un ordine mentale perfetto
ed assoluto.
Forse la mancanza di un simile lucido e pacato dominio intellettuale
sulla materia impedisce a Piranesi di essere architetto, perché
in architettura, alla fine, bisogna sempre fare i conti con
il reale, essere consapevoli che è necessario dominarlo,
e, nel migliore dei modi possibili, conciliare un'idea con la
sua realizzazione concreta, sottostando alla tirannide della
forza di gravità.
La delirante creatività di Piranesi, la sua visione allucinata
e trasgressiva, il suo senso grandioso della messa in scena,
lo collocano invece in un mondo illusorio ed allusivo dove lo
spirito è libero dalla rappresentazione, dove l'oggettività
coincide con il "sapere di sé", dove la libertà
è assoluta, non vuole regole, si realizza nel disattenderle:
lì, in quel mondo, Piranesi fu architetto geniale, visionario,
straordinario e
..mancato.
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Quest'anno cadono i trecento anni dalla sua nascita e nell'occasione sono state organizzate le seguenti celebrazioni:
Bassano del Grappa (VI), nelle sale restaurate di Palazzo Sturm, fino al 19 Ottobre 2020, la mostra "Giambattista Piranesi. Architetto senza tempo", il corpus completo di incisioni piranesiane presenti nelle collezioni permanenti cittadine.
San Vio (VE), Palazzo Cini, fino al 23 novembre 2020, dialogo sulla poesia urbana di Roma tra l’opera incisoria antica di Giambattista Piranesi e la fotografia di Gabriele Basilico.
Roma, Palazzo Poli alla Fontana di Trevi, dal 15 ottobre 2020 al 28 febbraio 2021 l'Istituto centrale per la grafica propone "Giambattista Piranesi. Sognare il sogno impossibile".
Roma, Museo di Roma di Palazzo Braschi, fino al 15 ottobre 2020, la mostra "Piranesi, la fabbrica dell'utopia".
Perugia, Galleria Nazionale dell'Umbria,
dal 3 ottobre 2020 al 10 gennaio 2021 in mostra 200 acqueforti appartenenti ai due tomi delle Vedute di Roma disegnate e incise da Giambattista Piranesi.
Cesena (FC), “MetaMorfosi Associazione Culturale” presenta fino al 14 giugno 2020 la mostra “Piranesi. Carceri d’invenzione” un nucleo di 16 opere con la presenza di una sala “immersiva” nella quale sono ri-create tridimensionalmente le celebri prigioni.
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