Stracci, consunti, colorati, macchiati, stropicciati, logori, scarti di un mondo migliore, grembiuli di artisti distratti, letti sfatti di dubbia pulizia, cadaveri amorevolmente ricomposti, accumuli che soffocano, che smantellano l'immagine edificante di un mondo perfetto, prima che gli stracci diventassero stracci, diventassero tracce, resti, rifiuti, ingombri superflui senza più dignità.

Stracci come brandelli di memoria, squarci di ricordi, metafora di una dialettica a volte tragica, a volte celebrativa, a volte intimista tra passato e presente, tra vita e morte.

Stracci che rammentano, celebrano, ammoniscono, raccontano storie di corpi e di identità, camuffano e creano verità nascoste, ciò che non vorremmo vedere, che non vorremmo sapere, che non vorremmo indovinare.

Ridammi i miei stracci
I miei stracci di sogno puro
Fatti con il sorriso di seta del mio intermittente presagio
Fatti con questa mia stoffa di pizzo
I miei stracci di speranze invisibili
Fatti del mio desiderio che brucia
Fatti dell'arcobaleno di sguardi del mio viso
Ridammi i miei stracci
Ridammeli li voglio davvero

(Vasko Popa, "Ridammi i miei stracci")