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Testi di Vilma Torselli su "Antithesi", giornale online di critica d'architettura.
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American Art 1961-2001 la storia dell'arte moderna negli Stati Uniti tra due momenti decisivi della storia americana, la guerra del Vietnam e l'attacco alle Torri Gemelle. |
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Concorso artistico Lucca Biennale Cartasia 2022, tema conduttore di questa edizione “The white page” (pagina bianca), le infinite possibilità per gli artisti di raccontarsi tramite le opere in carta.
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I vincitori del Premio Pritzker per l'architettura 2021 sono Anne Lacaton e Jean-Philippe Vassal: talento, visione e impegno per migliorare la vita delle persone. |
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Al Palazzo Ducale di Genova, dal 9 settembre 2021 al 20 febbraio 2022 grande mostra di Maurits Cornelis Escher. |
All'estero
Parigi, all’Espace Lafayette-Drouot "The World of Bansky”, su 1200 mq. esposte un centinaio di opere del più famoso street artist del mondo. Fino al 31 dicembre 2021.
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Un commento di Pietro
Pagliardini |
Tu mi inviti a formulare una mia opinione sulla
tua ipotesi di città e mi spingi in un campo a me ignoto
ed anche ostile, quello della psiche che rimanda poi, alla
fine, all’inconscio.
La tua lettura situazionista della città mi lascia
nella nebbia, come sempre mi accade quando non vedo in una
“situazione” una via d’uscita, uno sbocco
nel reale, un appiglio ad un comportamento o ad una azione.
Tu citi Roberto Grandi e io sono andato a leggere quel testo.
E c’è scritto, ad un certo punto: "Sono
cinque le “aporie urbane” evidenziate da Acebillo:
la localizzazione determinista dello zoning (che irrigidisce
le possibilità insediative), l’impatto negativo
delle infrastrutture pesanti (che andrebbero allontanate dalle
città o celate), la bassa densità (che equivale
alla difficoltà di ottimizzare i servizi, all’autoritarismo
territoriale), il grande spreco d’energia (dovuta anche
al malfunzionamento urbano), l’incompatibilità
manifestata tra le infrastrutture ed il disegno urbano (da
cui le difficoltà d’intermodalità). Altri
aspetti critici appaiono, sempre secondo il relatore, l’abuso
della storia nella contemporaneità (che fa preferire
di gran lunga la conservazione sulla trasformazione del patrimonio),
l’abuso dell’high-tech (che rende alteri gli interventi
architettonici, mentre sarebbe da preferire una tecnologia
si sofisticata ma ben dissimulata), il “paesaggismo
epidermico semplicistico” (che vede il territorio come
soggetto romantico da preservare in maniera a-critica nei
confronti della contemporaneità), il concettualismo
a-funzionale (che tende a rendere indifferenti gli interventi
architettonici sia al contesto che al contenuto)."
Detta così sottoscrivo tutto. Come sottoscrivo la trovata
della lettura ipertestuale dei luoghi, probabilmente, anzi
sicuramente, in un’accezione diversa dalla tua.
L’ipertesto ti consente di fare collegamenti in ogni
direzione e di “saltare di palo in frasca”, detta
alla buona. E’, al pari del situazionismo, come ho letto
poco fa su Wikipedia, una forma di lettura veloce, un modo
consumistico, dico io, di conoscere un po’ di tutto
del reale, la deriva insomma, ed è contemporaneamente
un modo collettivo di azione, compiuta da soggetti diversi.
Non a caso, c’è scritto sempre su Wikipedia che
Wikipedia stessa è una forma di situazionismo, visto
i contributi volontari e controllati dal basso, anzi orizzontali,
di accumulo di conoscenza.
Se trasferisco questo concetto alla città, non addentrandomi
nello “smarrimento, dell’abbandono consapevole
di un percorso ragionato a favore di una deriva sperimentale
e spontanea, di una esplorazione emozionale degli spazi urbani
percorsi secondo direzioni accidentali, osservati nei particolari
spesso dimenticati, alla scoperta dei complessi rapporti tra
ambiente e psiche.”, riesco a intravedere una città
composta, anzi scomposta, di frammenti diversi, ognuno capace
di suscitare emozioni, sensazioni, percezioni diverse. Intravedo,
cioè, una città spontanea non solo nella fruizione,
che è fatto individuale, ma nella sua formazione e
crescita, che è fatto collettivo.
Vedo in questo, più che intravedere, qualcosa di molto
simile alle nostre città contemporanee ma con la grande,
sostanziale differenza che ogni edificio dovrebbe essere significativo,
dovrebbe essere un’architettura, dovrebbe, fammelo usare
questo termine, bello non nel senso dell’estetica classica
ma nel senso che ognuno di questi dovrebbe essere la rappresentazione
di una ricerca, se non di un risultato, di qualcosa capace
di suscitare emozioni.
Un’interpretazione o meglio una speranza intrigante
e utopica. Ma direi anche non realizzabile perché presuppone,
contrariamente alle apparenze, una società omogenea
e orientata tutta in una direzione, cioè una società
organica (un’organicità fondata sulla ricerca,
sulla scienza, sulla tecno-scienza), cioè una società
a mio avviso terribile ma ordinata, cioè terribile
perché intrinsecamente e spontaneamente ordinata e,
aggiungo di mio, ordinata verso un fine che porta ad una fine,
alla morte dell’umanità (nel senso di essere
uomo). Ma la nostra società non è affatto organica,
è anzi caotica, disomogenea, fluida, direbbe Baumann
(ti scavalco a sinistra, come vedi) e allora, sempre come
dice Baumann, è necessario che l’architetto lavori
alla piccola scala, che è quella che ha speranza di
dominare, e lavori (e questo non lo dice Baumann) con la coscienza
critica, con l’intenzionalità e non con la spontaneità.
Di qui il progetto.
Come vedi, secondo questo ragionamento, non c’è
via d’uscita: o si guarda indietro o ci teniamo quello
che c’è ora, cioè una città piena
di sorprese ma tutte molto sgradevoli e molto poco stimolanti,
salvo poche eccezioni, perché nella società
aperta la spontaneità è solo disordine e il
tecnico, l’esperto è colui che è capace
di ricreare un ordine intenzionale.
Ma l’ipertesto è anche la capacità di
poter procedere in un luogo senza indicazioni precise, come
dici te, cioè è la possibilità di girare
a vuoto per la città senza conoscerla, senza sapere
cosa ti aspetta dietro l’angolo, ma di non perdersi,
perché c’è sempre il tasto Home: questa
è la caratteristica della città storica che
ad ogni passo ti mostra qualcosa di nuovo e diverso anche
se con caratteri di omogeneità con quello di due passi
prima, che non ti lascia mai in un vicolo cieco ma sempre
ti consente, per la sua spontanea permeabilità, di
ritornare allo stesso punto. E’ una città figlia
di una società organica per ragioni sociali ma soprattutto
per una visione unitaria dell’universo. Quelle condizioni
sociali non esistono e non sono riproducibili, ne è
però riproducibile il risultato che, per l’appunto,
consente l’uso della città come in un ipertesto.
Torno ora a Roberto Grandi che, verso la fine, dice:”Il
Rinascimento ha rappresentato un’esperienza di lavoro
sulla città formidabile: si sono ricostruite e riqualificate
le città provenendo da un lungo periodo di forte crisi,
semplicemente sovrapponendosi al passato, procedendo per stratificazioni,
e questo dovrebbe essere preso a modello per i processi di
trasformazione che ci aspettano”.
E anche questa è affermazione teoricamente condivisibile.
Se non fosse che commenta questa frase con questa foto: |
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E allora qui ritorna in campo la psicanalisi
ed esco dal campo io.
Come posso commentare queste foto dell’albergo fallico
che però l’autore stesso nega essere un fallo!
Sarà lui un bugiardo oppure ha veramente avuto un’infanzia
problematica?
E come si fa a saperlo? Chi è capace di portare sul
banco dei testimoni l’inconscio e farlo condannare o
assolvere? |
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