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La piazza più bella del mondo
di Vilma Torselli
pubblicato il 14/05/2009
“….. Pieno di merito, ma poeticamente, abita l’uomo su questa terra. Ma l’ombra della notte con le stelle non è più pura, se così posso dire, dell’uomo che si chiama immagine del Divino
(Friedrich Hölderlin)

Durante lo svolgimento di una tavola rotonda, definita dagli interessati “tavola ispirata”, Giulio Calegari, poliedrica figura di architetto, artista, responsabile della sezione di Paleontologia del Museo Civico di Storia Naturale di Milano, in un suo suo ‘momento performativo’ sul tema ‘ubicazioni transitorie’ , rilasciava ad alcune persone tra il pubblico presente all’evento un certificato di presenza sulla Terra, documentando il fatto con rilevamento satellitare GPS di quel luogo.

Ecco, devo ammettere che mi piacerebbe avere un attestato di presenza in quel particolare luogo della terra che è Piazza del Campo a Siena, Toscana, Italia, per ripetermi, tutte le volte che lo rivedessi, “io c’ero, in quel momento ero in quel luogo”.

Ma cos’è un luogo? E' una realtà geografica o psicologica, materiale o astratta ed emotiva? E' uno spazio fisico o culturale, antropico o naturale? E perché un luogo è migliore di un altro?

Può essere d'aiuto ricordare Heidegger che rileva come “ il significato originario di Ort – la parola tedesca per dire ‘luogo’ – rinvii alla punta di una lancia …… Il Luogo è quel punto di convergenza, di riunione e di raccoglimento [Versammlung] in cui, come nella punta acuminata di una lancia, in virtù di una irresistibile attrazione, lo spazio si concentra….. Il Luogo dunque custodisce e salvaguarda il soggiornare dell’uomo sulla terra ….. ” (Caterina Resta , La perdita del luogo).
Molti sono i luoghi che custodiscono le tracce del passaggio dell’uomo su questa terra, molte, specie in Italia, le piazze belle, più o meno antiche, più o meno conservate, contornate da pregevoli architetture, espressive dei rapporti umani della comunità che le ha costruite nel tempo, coerenti con l’intorno, il territorio, i materiali del luogo ecc., che non hanno tuttavia la magia di quella piazza, il suo potere attrattivo.
Perché? Che ci sia sotto lo zampino del solito genius loci o il solito giochetto della sezione aurea, la geometria dei frattali, la sectio divina.......
Basterebbe? No, credo, altrimenti non sarebbe così difficile fare una bella piazza.

“ ….. l'estetica è la madre dell'etica. Le categorie di buono e cattivo sono, in primo luogo e soprattutto, categorie estetiche che precedono le categorie del bene e del male... “, così almeno la pensa un letterato premio Nobel, Iosif Brodskij.
Rovesciando il concetto ed ammesso che mutando l’ordine dei fattori il risultato non cambi, si potrebbe provare a dire che quella piazza ha un contenuto etico, intendendo con ciò l’aderenza massima e totale all’ethos degli abitanti, talmente elevato da risultare automaticamente bella.
Ma anche questo non basterebbe.

Si potrebbe provare anche a dire che quella piazza materializza una sorta di categoria dello spirito, una pura astrazione, una "metafora epistemologica" , una delle forme ideali (in senso platonico) in cui lo spirito dei tempi si manifesta e nella quale, al di là del mutare dei contesti socio-culturali, l’uomo, quello di ieri come quello di oggi, si confronta e si riconosce.
Potrebbe essere una risposta, anche se facile, se persino un turista giapponese che venisse portato con gli occhi bendati in quella piazza, ignorando la nostra cultura, le caratteristiche ambientali della Toscana, le tradizioni, gli usi e i costumi, appena in grado di vedere rimarrebbe comunque ammirato da tanta bellezza, trovando, seppure straniero avulso dalla nostra storia, dentro di sé e del suo solo essere uomo le motivazioni di quell’ammirazione

Tutte queste considerazioni non soddisfano tuttavia pienamente la domanda iniziale: perché proprio quella piazza?

Ancora una volta, come tutte le volte in cui i processi razionali si dimostrano insufficienti, ci soccorre l’arte, nelle parole di un poeta, Friedrich Hölderlin, quando scrive: “….poeticamente, abita l’uomo su questa terra….” sulle quali, in un suo magistrale saggio, medita Martin Heidegger: “…è il poetare che, in primissimo luogo, rende l'abitare un abitare. Poetare è l'autentico far abitare…."

" "abitare poeticamente" significa allora essere toccato dalla vicinanza dell'essenza delle cose. Questa vicinanza però non ci proviene da una conquista; al contrario è un dono. E' ciò che si ottiene avvicinandoci umilmente all'essenza vera delle cose. Attraverso la Poesia, per esempio, o l'Arte. La verità che si apre nella poesia è infatti qualcosa che ci proviene (non a caso Heidegger parla continuamente di ascolto della parola poetica) e che noi non costruiamo. E' un dono, insomma, esattamente come l'ambiente nel quale esistiamo: noi costruiamo nell'ambiente, ma l'ambiente non è ciò che costruiamo.” (Alessandro Tempi, Abitare poeticamente l’ambiente)

Ludwig Wittgenstein, nella sua folle genialità, sostiene la necessità di imparare a ‘vedere’, ad utilizzare quella che lui chiama “arte dello sguardo” , così come si impara a leggere, e paragona la figura dell’architetto a quella del filosofo, lui che fu entrambe le cose e che meglio di chiunque altro conosceva il percorso ‘poetico’ da compiere, se poetico ha la sua radice nel verbo greco poièo tradotto in fare, creare, costruire, assai vicino all’architettare.

L’abitare, l’occupare stabilmente uno spazio, organizzarlo ed usarlo significa dunque attuare un percorso simbolico equivalente ad un percorso poetico (po-i-etico), forse è questo che si legge in quella piazza e che la rende unica, il risultato di un ‘fare’ che ha la propria essenza nel suo stesso farsi, dove la poesia si identifica nell’inesauribile spinta umana ad una poiesis che, opponendosi alla corruzione del tempo, prosegue ininterrotta attraverso i secoli e le generazioni.

Tanto inutile quanto necessaria.
Come l’arte.

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link:
Arte pubblica e abitare poetico
Abitare poeticamente l’ambiente


DE ARCHITECTURA
di Pietro Pagliardini


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