L'idea che attraversa "La danse", dipinto nel 1910.
un grande olio su tela di cm 260 x 391 oggi conservato al
Museo dell'Ermitage di San Pietroburgo, risale al precedente
"La joie de vivre", del 1905 (Barnes Foundation,
a Merion) con il girotondo di corpi che si vede sullo sfondo.
Nel 1906 appare il rilievo in legno "La dance" (Muséé
Matisse, Nizza) con la rappresentazione di corpi estatici
delle ninfe che danzano.
Lo stesso motivo si trova anche nella decorazione dei vasi
dell'artista.
Nel 1909 Matisse (1869-1954) lavora alla prima versione de "La danse"
e il collezionista russo S. I. Sukin commissiona per la sua
villa di Mosca un altro pannello con le stesse misure, ma
con delle caratteristiche stilistiche più dinamiche
dei corpi danzanti.
Terminato il monumentale pannello per Sukin, Matisse abbandona
per molto tempo il tema della danza.
La danza, nella visione di Matisse, porta con sè il
significato di movimento ed azione incarnati nel corpo delle
sei danzatrici che compaiono per la prima volta sul fondo
de "La Joie de vivre".
Riprendendo dunque il tema già affrontato, l'artista
elimina una figura dal gruppo e realizza la composizione regolare
del dipinto "La danse", scegliendo di conferire
al quadro caratteristiche innovative: la più significativa
è costituita dall'uso di colori molto accesi, rosso,
verde e blu, secondo l'impostazione fauve.
Il colore è impiegato in grandi stesure bidimensionali
delimitate da linee sinuose e arabescate su un fondo dicromo,
dove viene accennato un arcuato piano di terra e l'orizzonte
di un cielo cupo.
I corpi delle danzatrici si uniscono in forma circolare liberamente
articolata a definire un'allegra danza rituale a piedi
nudi che si ispira a quelle viste tante volte da Matisse a
Collioure o a Parigi al Moulin Rouge o al Moulin de la Galette.
Le figure, che vogliono rappresentare una mitica età
dell'oro, sono ridotte all'essenziale e trasmettono allo spettatore
energia, tensione dinamica nella posa arcuata e gioia di vivere
come metafora della danza stessa. Lo spazio in cui avviene
l'azione è irreale e privo di profondità, anch'esso
liberamente impostato secondo le esigenze creative dell'artista
e non secondo le leggi prospettiche.
Con un significativo cambio di rotta, Matisse abbandona qui
sfondo ed ambientazione paesaggistica per esaltare il valore
puramente decorativistico della forma, che non necessita di
contesto in quanto pura astrazione segnica: la linea di contorno
definisce l'immagine e la campitura del colore che la costruisce,
rifuggendo da ogni effetto volumetrico ed esaltando la piattezza
antinaturalistica del corpi, con interessanti analogie con
la Scuola di Pont-Aven.
Matisse riprenderà il tema della danza in un altro
dipinto nel 1933, realizzando un pannello commissionatogli
dal dottor Barnes, grande collezionista statunitense, per
decorare la parte in ombra del soffitto della nella grande
sala della Fondazione Barnes a Merion dove già si trovavano
bellissime tele di Cézanne, Seurat e altri.
Matisse realizza un dipinto in cui compaiono otto figure femminili
stilizzate sullo sfondo di squarci di cielo, dee dalle carni
grigie come i muri della sala del Merion davanti ad un cielo
blu cobalto e rosa brillante.
Le otto danzatrici che ballano, seguendo movimenti sciolti
ed istintivi, a piedi nudi, che fanno pensare alla danza libera
della celebre Isadora Duncan, sono molto sinuose ed eleganti
e trasmettono l'emozione della gioia di vivere sintetizzata
nel corpo che danza.
La pittura di Matisse nasce dall'emozione, come lui stesso
diceva, unita allo studio e al controllo, secondo un concetto
di pittura solo apparentemente semplice o semplificato, in
realtà concettuale ed intellettualistico che, con raro
equilibrio, coniuga sentimento e razionalità, organizzazione
e spontaneità, cuore e cervello.
link:
Henri Matisse - "La desserte"
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