Pierre Bonnard (1867-1947) è un artista
ecclettico, un vagabondo intellettuale il cui stile ha subito
molti cambiamenti, spinto da interessi molto diversificati per
tematiche e contenuti.
Di estrazione nabis (espone nel 1891 al "Salon des Indépendants"
con i colleghi dell'Accademia Julian), Bonnard ne porta ai massimi
livelli esecutivi la tecnica cromatica: uso del colore in chiave
antinaturalistica, impiego di soli dieci colori (due toni di
giallo, due di verdi, due di blu, rosso, arancione, viola, bianco),
abolizione del nero, alla maniera impressionista, così
come è impressionista la distribuzione del colore a piccoli
tocchi monocromatici ravvicinati (secondo la stessa procedure
di Cezanne).
L'artista, esecutore molto accurato di una pittura di stampo
impressionista apparentemente di getto, era solito riprendere
più volte il dipinto, rifinirlo, apportare piccole modifiche,
completarlo in tempi successivi, dopo numerosi ripensamenti,
quasi a non volersi staccare dalla sua opera, a non trovare
mai il momento giusto per dire basta, è conclusa, è
finita.
Motivo fondamentale dei suoi dipinti, la luce, quella del
mediterraneo o dell'amata Normandia, dal nitido chiarore
marino, vibrante nell'atmosfera del dipinto che ne risulta
totalmente invaso e amalgamato nei suoi elementi compositivi,
tanto che "..... guardando i suoi quadri, sembra
che la luce venga dallinterno del quadro, da una finestra
o altro; che, insomma, lartista abbia riposto la luce
nel dipinto come per magia. Tale effetto magico, nella storia
dellarte, si chiama impressionismo.... "
(da un articolo del giugno 2000 su "Notizie in
Controluce", "L'oggetto d'amore in Pierre
Bonnard").
"Nudo allo specchio", del 1931, è
un nudo di donna allo specchio, ritratto della modella e
compagna Marta, una fioraia che Bonnard amò ossessivamente
per tutta la vita, una scena domestica privata e raccolta,
declinata nei termini di un intimismo delicato, dalla ricercata
preziosità cromatica resa più intensa da una
impostazione della forma sostanzialmente plastica, anche
se il volume è corroso ai contorni dalla luce che
ne leviga le superfici e vanifica lo spessore della materia
rendendola innaturalmente diafana.
Nel biancore della luce, amplificata dalla riflessione dello
specchio, i dettagli diventano evanescenti, gli oggetti
della stanza non hanno incisività, sono, come la
figura femminile, parte di un tutto nella luce abbagliante,
presenze eteree intrise di luminosità, idealizzate,
universali nell'indefinitezza del segno che lascia largo
margine alla fantasia.
Senza gerarchie nè priorità, oggetti inanimati
e personaggio si impongono per la loro visibilità,
ciò che interessa è la loro rappresentazione
visiva, in termini di puro piacere estetico per chi guarda,
non importa la rispondenza naturalistica, come non importa
la corretta impostazione prospettica.
Infatti l'impianto prospettico dello spazio interno è
volutamente incerto, irreale (viene in mente, seppure con
fondamentali differenze, la stanza di Arles dipinta da Van
Gogh), incurante di regole geometriche e strutturali, gli
oggetti sono casualmente disposti, la donna ha la naturalezza
semplice e disinibita di chi si sente a suo agio, regna
nella stanza un piacevole disordine, i segni di una quotidianità
spontanea che non ci fa sentire osservatori intrusi.
La quieta banalità dell'insieme è venata di
poesia delicata grazie ai toni cromatici soffusi come un
impalpabile pulviscolo atmosferico e la luce, vero tema
della rappresentazione, è il mezzo per trasformare
questa tranquilla scena domestica in una sottile metafora
dell'essere umano, incerto e indefinito nell'instabile vibrazione
luminosa in cui la dimensione interiore affiora in tutta
la sua mutevole fragilità.
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Per la riapertura dopo due anni di restauri, del Musée
d'art moderne de la Ville de Paris, è in corso
a Parigi, fino al 7 maggio 2006, una mostra di 90 opere di
Pierre Bonnard che vuol mettere in risalto proprio questo
aspetto psicologico-introspettivo della sua poetica, contestando
la lettura sbrigativamente edonistica ed un po' superficiale
che è stata spesso data della sua opera.
la mostra
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