Rappresentante tra i più originali del
Nouveau Réalisme,
Daniel Spoerri (1930) nella sua lunga vita passata tra New York, Simi nel Dodecanneso, Dusseldorf, Parigi, è stato poeta, ballerino, coreografo,
regista, attore, costumista, organizzatore museale, regista,
insegnante all'Accademia di belle Arti di Colonia, nonché
proprietario del Ristorante Spoerri, aperto a Dusseldorf nel
'68 (Spoerri è anche autore di un libro di ricette,
"Diario Gastronomico", scritto nel '66 in Grecia).
Grande viaggiatore, Spoerri ha infine stabilito la sua residenza in
Toscana, a Seggiano (Grosseto), entro un parco-museo di 15 ettari con sculture ed istallazioni sparse tra il verde di prati e boschetti, "Il Giardino di Daniel Spoerri", dove all'ingresso si legge un motto latino di Virgilio, "Hic Terminus Haeret", dove si mescolano i territori dello spazio e del tempo, dove si fondono natura e cultura in una grande metafora della vita senza confini di un artista cittadino del mondo.
Personalità poliedrica e complessa Spoerri dichiara:
"Vorrei che si dicesse di me - ballerino, uomo di
teatro e di cucina, artista - che ho unificato in una vita,
la mia, molte vite diverse".'
La sua sconfinata curiosità, la capacità
di vedere il reale da inediti punti di vista, l'ispirazione
poetica priva di preconcetti, liberamente dissacratoria,
esercitata in assurdi assemblages di oggetti pescati nei
mercati o nelle discariche (dice di sé: "Penso
di essere stato già collezionista quandero
un bambino: collezionavo ogni sorta di cose......"),
assieme alla sua innata abilità di metteur en
scene ne fanno il personaggio al quale, all'interno
del movimento, meglio si addicono le parole di Pierre Restany,
che ne fu il teorico: "Questi nuovi realisti considerano
il mondo come un quadro, la grande opera fondamentale di
cui si appropriano certi frammenti dotati di significato
universale. Ci mostrano il reale negli aspetti diversi della
sua totalità espressiva".
La più efficace sintesi della sua poetica sta forse
nella Eat Art, un lungo discorso attorno al cibo, all'alimentazione,
al rituale del pranzo e del banchetto, in cui le opere d'arte
sono realizzate con materiali commestibili: nel '70 realizza
a Milano un Eat Art Dinner in cui opere di Klein, Arman,
Cesar ed altri nouveaurealisti sono fatte con materiali
edibili e servite e consumate durante un banchetto, organizza
a Dusseldorf una memorabile Eat Art Exhibition, allestisce
cene-happening in cui sono protagonisti i celebri tableaux-pièges
(quadri-trappola), resti di pasti apparecchiati, rimasugli di oggetti quotidiani
fissati nella loro squallida banalità, tracce di un passato
vissuto deteriorate dall'uso.
Tavoli apparecchiati con piatti
e bicchieri sporchi usati, incollati in una immobile eternità,
avanzi di cibo, bottiglie di vino a metà, mezzi pacchetti
di sigarette, portacenere con mozziconi spenti, tovaglioli
sporchi e spiegazzati, macchie di bevande costruiscono assemblages di rivoltante sudiciume, metafora di una vita effimera
in cui tutto è destinato a divenire rifiuto e relitto, come in questo "Restaurant Spoerri Tische" del
1972, tecnica mista di 70x70x35, Coll. Sohier-Torrian (foto: Barbara Adriano).
Il linguaggio è volutamente aggressivo e violento,
spietatamente dissacrante, gli oggetti sono accostati in libera
associazione come se fossero recuperati da una catastrofe
o da un naufragio, fissando storie passate e ricordi di momenti
non perduti perché rivissuti in una messa in scena
casuale, che non ricerca alcun risultato estetico, ma gioca
sul potere evocativo dell'oggetto colto nel suo contesto originale.
L'intenzione di Spoerri, infatti, non è tanto quella
di produrre un'opera d'arte quanto di bloccare un momento
del suo accadere temporale.
Egli stesso dice:" Le
situazioni scoperte per caso in ordine o in disordine sono
fissate (intrappolate) esattamente come si presentano sul
loro supporto in quel determinato momento (sedia, tavolo,
scatola ecc.) solo l'orientamento nei confronti dello spettatore
è alterato).....": infatti ogni oggetto viene
fissato al supporto e posto in posizione verticale inducendo nello spettatore uno spaesamento spaziale ed una destabilizzazione percettiva che trasforma il tutto,
almeno nell'intenzione dell'autore, in opera d'arte.
Ricompare così (non è un precedente casuale
l'amicizia con Marcel Duchamp e Man Ray) il concetto dadaista dell'artista che trasforma l'oggetto comune in oggetto artistico
attraverso il solo potere del suo gesto demiurgico, nel caso
di Spoerri con risultati talvolta inquietanti e cupi in relazione
all'uso di oggetti macabri che richiamano l'idea della morte,
conservando tuttavia la sua opera sempre un tono popolare
che la rende accessibile ed accettabile da un vasto pubblico.
Con una parola - dichiara - si può
sempre dire una cosa ma anche il suo contrario, gli oggetti,
invece, non parlano; sono là, con la loro presenza;
è, quella degli oggetti, una lezione di libertà.
E forse di verità, in un campo, quello dell'arte,
in cui impera la magia della menzogna.
link:
Estetica dello straccio
Fascino del rottame
* articolo aggiornato il 11/09/2015
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