"L'esperienza è ciò che da
membri di un gregge ci fa veramente uomini. Altrettanto priva
è l'esistenza dell'esteta chiuso nella propria torre
d'avorio. La sua è un'esistenza inutile e antisociale....."
(Oscar Kokoschka)
Oskar Kokoschka (1886-1980) si forma artisticamente nell'ambiente
della Secessione viennese nello stesso periodo in cui è
presente Gustav Klimt, personaggio di maggior spicco nell'ambito
del movimento austriaco, quello in cui la connotazione simbolista
della Secessione apparirà in termini più espliciti,
che diviene amico e maestro di due allievi d'eccezione quali
Egon Schiele, che dipingerà il dissacrante "Cardinale
e suora" e appunto Oscar Kokoschka: entrambi sensibili
alle tematiche dell' Espressionismo, questi due artisti segnano
il passaggio dalla composta sensualità dei dipinti
del maestro Gustav Klimt ad un dirompente linguaggio tipicamente
espressionista dal cromatismo violento e dalla linea mossa
e tormentata, che per i contemporanei contribuirà a
designare Schiele come "artista maledetto", di nevrotica
tragicità, spregiudicato ed autodistruttivo, e Kokoschka
come "artista degenerato". Inviso al regime politico
per il suo anticonvenzionalismo e la sua indomabile libertà
di pensiero, finirà per connotare la sua opera anche
in senso sociale e sarà costretto a rifugiarsi esule
in Inghilterra nel '37 (morirà ultranovantenne in Svizzera),
scontando con l'allontanamento dalla sua terra la condanna
che il nazismo decreta per tutto l'Espressionismo in blocco
a causa di quel suo pervasivo sentimento della crisi che mina
le presuntuose certezze del regime.
Dice di lui Mario De Micheli:("Le avanguardie artistiche
del Novecento") : "..... Per Kokoscka la pittura
è costante fervore, è viva esaltazione di tutto
l'essere. Ma, ciò che è egualmente importante,
è anche espressione di un'idea, di un concetto ......."
Queste premesse, la simbiosi tra passione ed idea, il legame
con la poetica espressionista più radicale, sono fondamentali
per capire l'opera di Kokoschka, pervasa da una intensa tensione
drammatica, in sofferto rapporto con una realtà che
gli sfugge e dalla quale non sa prescindere indagata con
vibrante tormento, con la stessa angosciata curiosità
di Van Gogh, con la creativa furia visionaria di el Greco,
artisti studiati ed amati, al di fuori di ogni preoccupazione
teorica, liberando senza remore intellettualistiche la sua
anima intrisa di espressionismo in dipinti tenebrosi e carichi
di pathos.
Esordendo con una pittura di impronta grafica chiara e raffinata
che tralascia spazi vuoti nella tela ad alleggerire composizioni
irregolari ma equilibrate (é anche abile incisore e
realizza nel 1908 incisioni per un libro per bambini dedicandole
a Klimt), Kokoscka si muove ben presto verso una pittura più
concitata, energica, tesa, efficacemente sintetizzata nel
quadro esposto, opera della ormai raggiunta maturità
artistica ed umana.
"La sposa del vento" (o anche "La tempesta")
del 1914, una delle opere più note dell'artista, è
ispirato da Alma Mahler, vedova del musicista Gustav Mahler,
donna amata con la quale intrecciò una relazione sentimentale
poco felice che ebbe per lui notevole importanza ed indubbiamente
influenzò il risultato finale di questo dipinto.
I protagonisti sono una coppia, un uomo ed una donna, come
nel celebre "Il bacio" di Klimt o nella versione
crudamente caricaturale che ne fa Schiele nel suo "Cardinale
e suora" e come nei due casi precedenti si tratta di
un'opera all'insegna delle contrapposizioni, percorsa da un
teso contrasto che la rende inquietante ed enigmatica, piena
di significati simbolici, allegorici e sottilmente allusivi
non tutti decifrabili.
Messa da parte l'elegante stilizzazione di Klimt e la sua
controllata raffinatezza lineare, Kokoschka costruisce con
larghe, nervose pennellate materiche i corpi ed il giaciglio
in un turbine avvolgente di segni incurvati con improvvise
spigolosità, di forte valenza gestuale, dai colori
irreali, a creare un gorgo avvolgente che si estende al paesaggio
notturno ed ingloba personaggi ed ambiente nello stesso dramma
esistenziale: impossibile non riconoscere Munch e la sua poetica
dell'angoscia alla base di questo senso di tragedia cosmica
che passa dall'uomo al paesaggio e lo contamina del proprio
sentimento interiore, conferendo anche alle cose un'anima
fragile e la capacità di soffrire.
Uomo e donna, esseri viventi e natura, quieto senso d'abbandono
femminile e pensosa veglia maschile, serena rilassatezza dei
corpi e nevrotica inquietudine psicologica sono le antitesi
su cui si articola il dipinto, metafora delle antinomie su
cui si fonda la realtà, indagata, frugata, spremuta
nel suo significato più intimo eppure sfuggente ed
inconoscibile nella sua essenza più misteriosa, in
quella dimensione inviolabile in cui si celano i fantasmi
della mente ed in cui si consuma il dramma universale dell'uomo,
di tutti gli uomini.
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Adolph Loos
* articolo aggiornato il 8/04/2013
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