Al Palazzo Ducale di Genova in apertura una grande antologica dedicata ad Antonio Ligabue (1889-1965), a cura di Sandro Parmiggiani e Sergio Negri, con opere del periodo che va dalla fine degli anni ’20 al 1962.
Una ottantina le opere esposte provenienti da collezioni pubbliche o private e da Fondazioni bancarie, dipinti, sculture, disegni, incisioni, rappresentative delle principali tematiche che attraversano il mondo ispirativo di Ligabue, gli animali e gli autoritratti, due filoni ai quali fu sempre fedele, attraverso i quali trasmettere le proprie visioni psicotiche di individuo fortemente disturbato e forse proprio per questo dotato di una creatività spontanea ed un talento naturale travalicanti ogni impedimento razionale.
Tra le opere presenti, “Tigre reale”,1941, eseguito durante il ricovero nell’Ospedale psichiatrico San Lazzaro di Reggio Emilia, e due versioni di “Cani da caccia con paesaggio”, oltre ad alcuni dipinti di ispirazione bucolica come “Carrozzella con cavalli e paesaggio svizzero”, “Aquila con volpe", “Lotta di galli”.
Il suo linguaggio aggressivo e violento, lontano dalla chiave di lettura naïf talvolta utilizzata per una interpretazione facile, banale e quasi folcloristica della sua opera, si esprime in una tecnica rozza, nervosa, infantilmente figurativa o maniacalmente descrittiva, dando origine alle
immagini violentemente cromatiche di un variegato bestiario di animali domestici (soprattutto cani), ma anche di improbabili giaguari, leopardi, tigri, scimmie, difficili da incontrare nella bassa reggiana se non nell'irreale repertorio fantastico custodito nell'immaginario di un artista visionario e fuori da ogni regola, metafore della paura e del dolore interiore che solo così riescono ad emergere ed a lanciare inascoltate grida di aiuto.
Gli autoritratti, realizzati allo specchio, si snodano come una sorta di racconto autobiografico dove i sofferti tratti del volto, la posizione frontale in primo piano, le guance scavate, il colorito innaturale, il segno incisivo dei contorni, lo sguardo allucinato, rivelano una profonda angoscia esistenziale di stampo marcatamente espressionista che fa di Ligabue una variante "padana” di Van Gogh, come suggerisce Vittorio Sgarbi, avendo condiviso entrambi gli artisti lo stesso sofferto percorso umano attraversato dalla follia, l’emarginazione, i ricoveri psichiatrici, l’alienazione, la solitudine.
La mostra offre anche una serie di iniziative complementari con attività didattiche, incontri e visite guidate gratuite per bambini e adulti.
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