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Cuori incrociati di artisti e pionieri
della chirurgia cardiaca
di Sabrina Sperotto e Vilma Torselli
pubblicato il 7/05/2009 |
Un incrocio di cuori che unisce
metaforicamente due “artisti “, una pittrice e
un pioniere della cardiochirurgia, nella volontà di
porre la propria forza interiore a servizio di un ideale. |
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“Viva la vida” questo
il motto di Frida Kahlo, anche a pochi
giorni dalla sua morte nel 1954. Proprio in quello stesso
anno il cardiochirurgo Walton Lillehei
mise a punto negli Stati Uniti una tecnica pionieristica
conosciuta come “cross circulation”
ovvero “circolazione incrociata”. Questa
procedura consentiva di deviare esternamente la circolazione
sanguigna ed operare a cuore aperto difetti cardiaci congeniti,
proponendo una soluzione biologicamente compatibile per
ossigenare il sangue canalizzato dal paziente ad un donatore
che fungeva da “ossigenatore umano”. Un ponte
curioso, un incrocio di cuori che unisce metaforicamente
due “artisti “, l’una dedita alla pittura,
l’altro dedicato alla “visione” della
chirurgia cardiaca, in un’ epoca pionieristica dove
l’arte dell’operare risiedeva nelle capacità
tecniche individuali, nella rapidità e perfezione
che un chirurgo univa alla sua esperienza vissuta sul campo.
L’arte medica viene affiancata alla pittura di un’artista
che soffrì fin dalla giovane età per un incidente
che le spezzò la schiena in tre punti pur senza toglierle
la brillantezza, la forza, il cuore che manifesta in tutte
le sue opere e soprattutto nel quadro “Le due Frida”.
Frida subì 33 operazioni durante la sua vita. Una
tempesta, un moto impetuoso che caratterizza tutte le sue
opere ma, in modo più evidente, questa particolare
tela. Il rosso del sangue, del cuore, dei vasi e delle labbra,
acceso e vivo, si contrappone alla burrasca nera dello sfondo:
Frida sposa tiene in mano una pinza emostatica che collega
il cuore aperto, trafitto e sanguinante dal dolore per la
separazione da Diego Rivera (la tela viene eseguita nei
mesi immediatamente precedenti il divorzio). Attraverso
un vaso sanguigno, Frida sposa si collega all’altra
Frida ed al suo cuore chiuso, fonte di forza per reagire
alle sofferenze fisiche e sentimentali, Frida che indossa i
colori del suo Messico, quella Frida amata da Diego, di
cui stringe in mano un medaglione che lo ritrae da bambino.
Il tema del doppio è strumentale al racconto, ma
è anche metafora del protagonismo di una donna la
cui egocentrica autostima ha rischiato spesso di far passare
in secondo piano il tema e la narrazione dell’opera.
Le Due Frida si tengono per mano e stringono un patto di sangue
indelebile, trasferendosi l’un l’altra l’ossigeno,
la vita e la speranza. Una comunicazione bidirezionale:
la Frida “paziente” e sanguinante e la Frida
colorata, forte e combattiva che ha cura dell’altra
Frida. Le loro mani, in posizione centrale travalicano l’idea
di una semplice unione, creando un circuito che prosegue
attraverso i loro sguardi, verso un punto focale al di fuori
della tela, formando un triangolo con chi le osserva e cerca
di penetrare i loro cuori per comprenderli intimamente:
la personificazione immateriale dell’altro da sè,
“del sociale” che non può rimanere inalterato
davanti a questi problemi e deve sforzarsi di comprendere.
L’arte ha questo enorme potere mediatico e metaforico.
Nel suo caratteristico stile minutamente descrittivo, ricco
di dettagli, compiaciuto nella ricerca di un'armonia compositiva
che privilegia impostazioni centrali ed equilibrate simmetrie,
ridondante di tonalità smaglianti secondo una vena
ispirativa quasi folkloristica che affonda le sue radici
nella cultura atzeca e nelle antiche tradizioni popolari,
il dipinto possiede l'ingenua immediatezza della pittura
degli ex-voto. Eppure si capisce, fin dalla prima occhiata,
che siamo davanti ad una pittura colta e raffinata, grazie
alla consumata abilità nel mediare elementi fantastici
ed oggetti comuni in apparente incongruenza, sovrapponendo
rappresentazioni francamente anatomiche e dettagliate riflessioni
sulla fisicità e sulla carnalità, a riferimenti
culturali di impronta metafisica e surrealista.
Rinunciando ad ogni intento celebrativo della propria sofferenza,
senza alcun vittimismo nei confronti di una condizione fisica
talvolta al limite dell'umano, Frida suggerisce che l'autobiografismo
non sia poi così scontatamente la sola chiave di
lettura delle sue opere, tanti e complessi sono i significati
allusivi e simbolici che vi si sovrappongono.
Ed anche in questo quadro il tema dichiarato, il tradimento,
diventa pretesto per adombrare la doppia personalità
dell’autrice, ribelle e riflessiva, moglie conformista
e artista trasgressiva, debole donna malata e coraggiosa
combattente politica, una figura che sembra uscita da una
tragedia greca e che ha costruito il suo mito consapevolmente,
per trasmettere, nonostante le apparenti fragilità,
il messaggio di una vittoria, quella di uno spirito indomito
capace di trasformare il dolore in poesia. |
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Tenace e risoluto a combattere e vincere la
malattia per proseguire la sua “arte” fu anche
il dottor Walton Clarence Lillehei (1918 – 1999) al
quale, alla giovane età di 31 anni, diedero appena
il 5 -10% di possibilità di sopravvivere ad un tumore
per al massimo 5 anni. Superò la malattia sottoponendosi
ad un complicato intervento e dedicò anima e vita alla
chirurgia cardiaca, materia relativamente recente che ha raggiunto
traguardi fondamentali ed aperto strade per interventi in
diverse patologie. Lillehei ne fu una delle menti più
geniali.
Fino all’inizio del secolo scorso, era impensabile
dare un punto a un organo in movimento come il cuore. E’
conosciuta infatti come chirurgia “a cuore chiuso”,
la fase che partì dai primi dell’1900 e per 50
anni fu caratterizzata da un percorso a gradini che ogni 10
anni circa perfezionava tecniche risolvendo problematiche
operatorie e salvando sempre più vite di bambini principalmente,
affetti da malformazioni congenite.
Venivano utilizzati “stratagemmi”
necessari per intervenire, come fu l’ipotermia, per
indurre l’abbassamento della frequenza cardiaca, oppure
tecniche avveniristiche come la “cross circulation”.
Fu una fase preparatoria, ricca di dinamismo intellettuale
per arrivare, dopo il 1953, all’ introduzione della
macchina cuore polmone e ad un insieme di vari passaggi cruciali
per la medicina del cuore, ancora attuali in quanto a presupposti
operatori e culturali. La “chirurgia a cuore aperto”,
ovvero la possibilità di operare un cuore fermo ed
asciutto, è legata all’introduzione della macchina
cuore-polmone, che permetteva di sostituire la funzione
di pompa del cuore e di ossigenazione dei polmoni, trasportando
quella parte del sistema circolatorio all’esterno del
corpo (la circolazione extracorporea, tutt’ora in uso).
Un medico ed una artista, entrambi protagonisti di un doloroso
dramma umano, sublimano la sofferenza per l’inevitabilità
della malattia e l’ineluttabilità della morte
ponendo la loro volontà e la loro forza interiore a
servizio di un ideale, sia esso l’arte o lo studio della
medicina, conferendo ad un’esperienza soggettiva ed
individuale un esito collettivo e condivisibile: se è
vero che l’arte parla a tutti, è altrettanto
vero che le straordinarie conquiste scientifiche della medicina
e dei pionieri della chirurgia cardiaca come Walton Lillehei,
sono oggi un prezioso patrimonio dell’umanità
intera.
Innegabile e probabilmente involontario, se non attribuibile
ad una sorta di ‘inconscio collettivo’ che accomuna
per vie misteriose persone ed azioni estranee le une alle
altre, il parallelo testimoniato da “Le due Frida”
anche sotto l’ aspetto della storia della cardiochirurgia,
è tuttavia possibile e pertinente, perché anche
la medicina ha una sua “arte lunga” (Giorgio Cosmacini docet) legata alle azioni dei pionieri come Lillehei negli
Stati Uniti oppure dei numerosi professionisti nella storia
italiana, dove abbiamo una tradizione nella chirurgia che
risale al barbiere-chirurgo del 1500 ed alla medicina in
genere ancor più antica. I chirurghi in particolare,
dovevano trovare soluzioni alla luce di quanto vedevano con
i loro occhi, l’esperienza era innanzitutto tecnica
e manuale: da artigiani, come dice Ettore Vitali, se
vogliamo, ma indispensabile per conoscere “la materia
della vita”.
La tecnologia attuale si vuole sostituire
alla capacità individuale e questo cela in un certo
senso diversi pericoli insidiosi, soprattutto dal punto di
vista etico ma anche economico. La saggezza indice della scelta
appropriata, l’etica legata alla capacità ed
alla forza e onestà intellettuale, hanno contraddistinto
un’ epoca di traguardi dell’uomo (non della “tecnologia”)
difficilmente ripetibile, i cui valori intrinseci sono da
riscoprire e valorizzare, anche attraverso l’ausilio
di un quadro che incrocia diversi cuori e li unisce all’insegna
dell’arte e della scienza dell’”essere”
prima ancora che del “fare” umano. |
link:
Intervista a Sabrina Sperotto
Frida Kahlo, "Autoritratto"
e-mail: sabrina.sperotto@gmail.com |
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