In un'epoca in cui le biotecnologie e la manipolazione genetica stanno rendendo sempre più accettabile l’idea della trasformazione dell'uomo in un nuovo essere bionico modificabile, smontabile, contaminabile dal non-umano, la specie ibrida che Silvio Tomasoni ci propone assume inquietanti caratteri di credibilità: un mondo di forme mostruose, inedite, sulla soglia di un imprevedibile divenire, terrificanti, eppure tanto affascinanti che non possiamo fare a meno di scrutarle con attenzione morbosa, di cercare di decifrarne il significato in preda ad un voyeurismo autolesionista, finché non ci rendiamo conto di averle già incontrate nei nostri incubi più paurosi, nel territorio oscuro della mente dove il sonno della ragione genera i suoi mostri peggiori.
Vere e proprie mutazioni biologiche, trasformazioni somatiche irreversibili, oniriche forme pre e post organiche osservate con minuzia da entomologo, rese in un’elaborazione grafica densa di particolari come potrebbe paradossalmente esserlo un iperrealistico esercizio di copiatura dal vero: con un complesso lavoro di autoanalisi Tomasoni estrae i mostri dal profondo e li immobilizza con la sua matita affilata penetrante come il bisturi di un chirurgo che sa che il male va scovato, portato in superficie, guardato con coraggio o disperazione.
Operazione dolorosa ma inevitabile, nella quale Tomasoni “ci mette la faccia" ed in un enigmatico autoritratto ci fa assistere in tempo reale ad un passaggio fondamentale, al breve attimo in cui Jekyll e Hyde convivono l'uno all'insaputa dell'altro, il momento topico in cui la forma si frantuma e si dilata nel sogno e perde le connessioni logiche per scivolare in una totale perdita di identità, in una progressiva e mostruosa trasfigurazione.
La forme che popolano l’universo fantastico di Tomasoni, presenze ecografiche dormienti nel silenzio di nicchie buie come tane, spesso sovrapposte in spazi angusti, compresse in posizione fetale, sorgono una dall’altra in una sorta di auto-poiesi come se la metamorfosi dei loro corpi mostruosi fosse ancora in fieri ed altro di terrificante si dovesse ancora compiere sotto i nostri occhi.
L’abilità tecnica dell’artista rende la scelta monocromatica particolarmente suggestiva, il disegno a matita gli permette di cesellare con millimetrica precisione i particolari più dettagliati di esseri inesistenti, occhi, unghie, denti, una ‘realtà’ immaginaria che proprio dall’ingannevole realismo della rappresentazione deriva la sua carica straniante, il senso di alienazione al limite della follia.
E nella totale deriva del senso non ci sono più giustificazioni, alternative, riscatti, inutile chiedersi perché esistono il male, la sofferenza, la morte, Tomasoni non dà risposte.
Pone domande. |