In effetti il movimento new-dada, che verrà poi definito
Pop Art, ha caratteristiche più decisamente demistificatorie,
kitsch, ironiche: per la prima volta l'artista pop pone al
centro delle sue opere l'oggetto antiartistico per eccellenza,
l'oggetto di consumo, prodotto in serie, creato dall'industria,
lo stesso usato dalla pubblicità, esposto nei supermarket,
o propone scene di vita comune dell'ambiente americano contemporaneo,
elevando al rango di opera d'arte gli oggetti e le situazioni
della quotidianità.
La Pop Art è un fenomeno essenzialmente americano,
perchè anche quando collocato altrove, ha sempre avuto
come ispirazione fondamentale a cui guardare l'America e l'american
life, fatte salve le differenze anche notevoli tra gli artisti
di luoghi diversi e anche tra gli stessi artisti americani.
Un importante personaggio nell'ambito della Pop Art americana
è senz'altro Jim Dine, che esordisce come neo-dadaista
sulla scia di Rauschenberg e Johns, utilizzando il collage,
riconoscendo la sua sostanziale continuità con lo spirito
dell'Espressionismo astratto, identificando l'aspetto più
importante della sua opera nel porre i problemi, piuttosto
che darne una soluzione: è presente, in questo artista,
un certo sentimentalismo, volto al quotidiano e alla vita
ordinaria, che lo differenziano in modo sostanziale da un
altro grande rappresentante della Pop Art americana, Andy
Warhol.
Dine fu uno dei primi artisti ad organizzare degli happenings,
particolari rappresentazioni teatrali che offrivano allo spettatore
una sorta di collage di sensazioni creato da suoni e da attori
in movimento.
Con un passato di illustratore commerciale che, in qualche
modo, lo familiarizza con una forma d'arte priva di stile
e di emotività, Warhol approda naturalmente ad un linguaggio
artistico nel quale viene abolita ogni impronta personale
dell'artista e del suo lavoro manuale, evolvendo poi verso
procedimenti meccanici che conferiscono all'opera una assoluta
anonimità: inizia così il periodo delle sue
celebri serigrafie di personaggi famosi, riproduzioni standardizzate
tutte simili perchè, egli afferma, "tutti
si presentano ed agiscono nello stesso modo, e si continuerà
ad andare avanti sempre di più per questa strada."
Andy Warhol si dedicò anche alla cinematografia, producendo
caratteristici films a camera fissa.
Altra significativa personalità di questo movimento è
Roy Lichtenstein, che aderì alla Pop Art nel '61, con
atteggiamento di contestazione verso tutti i movimenti artistici
precedenti, tanto da dichiarare che l'idea era di "ottenere
un quadro così spregevole che nessuno accettasse di appenderlo
ad un muro."
Dapprima si ispiratosi al fumetto, Lichtenstein elabora poi
un suo linguaggio raffinato e ricercato che esprime in realtà
un'attenzione acuta nei confronti di un risultato in ogni modo
artistico, che nel suo caso avrà toni talvolta monumentalistici,
talvolta ossessivamente e ricercatamente culturali, tanto da
sfiorare un certo manierismo.
Tra le attività di Lichtenstein va ricordata anche la
scultura, nella quale tuttavia il suo linguaggio appare più
debole e meno ispirato.
Un altro notevole rappresentante della Pop Art è Claes
Oldenburg, svedese, con inizi artistici molto convenzionali,
che, nel '59, comincia a dedicarsi alla scultura di oggetti
presi dalla vita reale, cibi mummificati, composizioni di
materiali di scarto, ispirandosi alle vetrine e alle insegne
dei negozi americani: in seguito Oldenburg si caratterizzerà
per la realizzazione di sculture rappresentanti attrezzi ed
oggetti di dimensioni gigantesche, facendo della scala monumentale
la sua più tipica originalità.
Altri artisti pop degni di nota sono Marisol Escobar, George
Segal, Tom Wesselman e molti altri di minor rilievo.
La Pop Art riscatta l'oggetto di consumo facendone il protagonista
dell'opera d'arte con fini demistificatori, con provocatoria
ironia nei confronti della civiltà consumistica, imponendo
alle masse una nuova lettura dell'oggetto prodotto industrialmente,
e forse per queste ragioni, fra tutti i movimenti artistici
del '900, la Pop Art è quello che più ha goduto
del consenso popolare, quello in cui si attuò in qualche
modo una convergenza tra le ali estreme della società:
le masse da una parte e dall'altra la cultura d'avanguardia,
con la sua trasgressiva celebrazione del modernismo industriale,
della mancanza di stile, dell'omologazione consumistica, del
distacco emotivo.
Il mondo artistico ufficiale, la critica più accreditata,
furono per la verità meno tolleranti, almeno inizialmente,
con gli artisti pop, tanto che Harold Rosenberg, in una sua
durissima critica, notò, fra l'altro che"...la
mano dell'artista non ha alcuna parte nell' evoluzione dell'opera,
che è la semplice esecuzione degli ordini dell'ideatore
(ma talvolta l'idea per un'opera viene dagli amici o dai protettori).
Né la personalità dell'artista è coinvolta
nel processo cerativo." ("The anxious object").
In seguito le posizioni si ammorbidirono, ma il momento in
cui la Pop Art venne assorbita ed integrata ne decretò
automaticamente la fine, privandola del suo substrato polemico e del suo voluto distacco emotivo da ogni tipo di rapporto
con la cultura contemporanea.
link:
Il metodo americano
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