Assolutamente
inabitabile e non adeguabile dal punto di vista igienico-sanitario,
inaccessibile al traffico automobilistico in molti dei suoi
carruggi che non superano i due metri di larghezza, interessato
da insormontabili barriere architettoniche, frazionato in
una miriade di proprietà catastali, causa di estrema
difficoltà per ogni programma di esproprio, come conferma
l'enorme contenzioso in corso, gran parte del centro storico
genovese, nella sua tipologia architettonico-urbanistica,
è ancora oggi indissolubilmente ed irreversibilmente
legato alla funzione per la quale è nato, di sbarramento
a difesa dell'entroterra dalle scorribande dei pirati saraceni.
E poiché tale eventualità è da secoli
fortunatamente scongiurata, con buona pace del Genius loci bisognerà, in termini più generali, chiedersi
se esistono sufficienti risorse e ragionevoli motivazioni
per un ingiustificato accanimento terapeutico su aree urbane
di fatto divenute patetici plastici in scala 1 a 1, se non
ormai equiparabili a veri e propri siti archeologici, o se
non ci siano invece altri modi possibili per trasferire ad
una posterità sempre più incerta la memoria
di come si edificava in passato.
Nonostante queste diffuse
problematiche siano tra le istanze più urgenti dell'urbanistica
moderna, mi pare che, in buona sostanza, mentre non si contano
i convegni, i dibattiti e le tavole rotonde sul come e quando
recuperare i centri storici, nulla si dica sulla possibilità
di soluzioni radicalmente alternative, più realisticamente
integrate con i moderni modelli sociali.
Ida Gerosa, che da tempo si occupa di problematiche estetiche
legate all'espansione delle tecnologie elettroniche, scrive
che "attualmente ciò che più ci interessa
è il piano delle modificazioni antropologiche che le
nuove tecnologie dell'immagine, del suono, della spazialità,
della memoria, della comunicazione ... inducono"
affermando la necessità di "uno sguardo filosofico
sul panorama che esse vanno configurando anche contro ogni
ottusa 'politica dello struzzo' ".
In un mondo in cui lo spazio fisico sta perdendo importanza
a favore di una mobilità virtuale realizzata grazie
ai media ed alle comunicazioni, le logiche di sviluppo della new technology e della net economy sono responsabili di una
vera e propria mutazione socio-antropologica con effetti determinanti
sulle "dinamiche di mondializzazione della modernità"
e sulla cultura umana, intesa sia come esperienza individuale
e privata che collettiva e pubblica: sta quindi emergendo
un modello sociale a vocazione connettiva, basato su comunità
metaterritoriali slegate da ogni identità collettiva
di appartenenza storica e culturale, una società nuova
per la quale si impone un nuovo modo di produrre, gestire
e conservare la memoria, una nuova elaborazione culturale
del concetto stesso di memoria.
Che non potrà prescindere dalle mutazioni
che i moderni strumenti tecnologici e le nuove tecnologie interattive hanno indotto
all'interno dei processi di elaborazione, comunicazione e apprendimento delle
conoscenze, argomento che costituisce oggi un vero e proprio filone di studi specifici
di cui si occupa, con applicazioni pratiche nella creazione di sistemi ipermediali
e realtà virtuali, l'Istituto di Psicologia del CNR, nella persona di Francesco
Antinucci, responsabile fra l'altro della virtualizzazione della Galleria Borghese
di Roma.
In molti paesi tecnologicamente evoluti, gli U.S.A., il Giappone
o la Francia, si va imponendo un tipo di cultura basato su
un uso sempre più esteso ed intensivo dell'immagine
elettronica, l'Italia, nel campo della conservazione e del
restauro, sta imparando in fretta e bene a sfruttare le potenzialità
comunicative di tecnologie informatiche di simulazione in
grado di ricreare opere, contesti, relazioni e nessi tematici
attraverso tecnologie multimediali interattive, con creazione
di modelli digitali grazie a programmi di grafica 3D, raytracing e tecniche di range scanning per applicazioni di realtà
virtuale, con la possibilità di un coinvolgimento multisensoriale
e dell'interazione: in particolare la Realtà Virtuale
Immersiva (RVI), accompagnata da una forte sensazione di immersione
nello spazio esplorabile visivamente e dalla possibilità
di interagire con gli oggetti della rappresentazione virtuale,
permette un'esperienza psico-cognitiva molto vicina a quella
reale grazie al senso di presenza in un ambiente, di immersione,
di coinvolgimento del corpo, di azione, andando ben oltre
la semplice esperienza visiva, mettendoci a confronto con
"le potenzialità di una virtualità
che moltiplicando l'informazione sta rendendo sempre più
intellettualmente sofisticato il nostro modo di rapportarci
con il mondo" (2)
Il recente progetto Living Memory (LIME) finanziato dalla
Comunità Europea nel triennio 1997-2000 con l'obiettivo
di "fornire ai membri di una comunità gli
strumenti per catturare, condividere e esplorare la propria
memoria collettiva e le proprie esperienze al fine di aiutarli
a interpretare e a preservare la ricchezza e la complessità
della propria cultura locale" (Elisa Giaccardi,
"Comunità locali e nuove tecnologie: progettare e sostenere
l'interazione sul territorio", dicembre 2002), è un
sistema intelligente per gestire la memoria vivente, raccogliendo
e distribuendo in tempo reale un flusso autofiltrante di informazioni
collegate da associazioni e connessioni ottimali rispetto
alle esigenze degli utenti.
Ciò ci proietta verso un
moderno concetto sociale che configura inedite forme di aggregazione,
quelle della 'comunità connessa' termine che "si
riferisce sia all'aspetto dell'essere connesso sia a quello
dell'essere in comunità. Le assunzioni su cui il concetto
poggia sono che una 'comunità' per esistere ha bisogno
di memoria; inoltre che la sua 'connessione' implica comunicazione
e condivisione delle informazioni, dunque è una forma
del legame sociale." (Elisa Giaccardi, idem).
Né globalizzata né localista, ma glocal, efficace
neologismo che "sta a significare la con-fusione
(nel senso di integrazione reciproca ma anche di tendenziale
anarchia) tra realtà territoriali diverse (e quindi
i soggetti e i linguaggi che rispettivamente le esprimono)."
(3) sembra essere l'attributo più adatto ad una società
che, scomparse le "comunità naturali", si
articola in una serie di "comunità di scelta"
in continuo mutamento, per le quali il concetto di identità
e di memoria collettiva, intesa anche materialmente ed 'architettonicamente'
come ri-costruzione e reinterpretazione del passato, è
sempre più labile ed inadeguato. |