Si tratta dell'ennesima conferma di quell'alternanza di corsi
e ricorsi che caratterizza lo svolgersi della storia dell'uomo,
compatibile con ciò che pare confermato dai più
recenti studi di neurobiologia (Daniel Goleman, "Emotional
intelligence", 1995), secondo i quali in noi convivrebbero
due menti, una che pensa e una che sente, in una reciproca
interrelazione che cambia continuamente assecondando di volta
in volta le priorità ottimali per il nostro sviluppo
evolutivo, segnalandoci opportunamente quando è necessario
indugiare a pensare e decidere razionalmente oppure quando
è più opportuno agire in fretta e lasciarci
guidare dall'emozione e dall'intuizione, quando, si potrebbe
dire estendendo questo comportamento all'architettura e all'arte,
privilegiare la simmetria, che è ordine, razionalità
e adattamento entro uno schema, e quando l'asimmetria, che
è immediatezza, libertà e soggettività.
Esiste, insomma, una tesa dialettica fra due parti di noi
che si misurano continuamente e che, nel sostanziale parallelismo
tra ontogenesi e filogenesi, interessano il singolo e la specie,
la durata di un attimo, della vita, della storia, un dualismo
intrinseco, yin e yang, emisfero cerebrale destro ed emisfero
sinistro, femminile e maschile, che permea la nostra natura
fisica, psichica, intellettuale nelle sue più intime
fibre.
Così come il concetto di simmetria - asimmetria permea
la materia nei suoi strati più profondi:
" [
..] a livello di fisica quantistica la realtà
è coinvolta in una "danza astratta" senza
alcuna causa materiale [
..] tutte le particelle possono
essere divise in due gruppi a seconda della danza che eseguono.
Fermioni, elettroni, protoni, neutroni e neutrini formano
il gruppo che compie una danza antisimmetrica. Mesoni e bosoni
(tra cui i fotoni) compiono una danza simmetrica [
]"(da
"Enciclopedia olistica", Nitamo Federico Montecucco,
Enrico Cheli), così afferma Wolfgang Pauli, premio
Nobel per la fisica, che sostiene anche il comportamento in
maniera non-causale della struttura atomica della materia.
La non causalità, la a-causalità, la legge di
sincronicità, un altro importante concetto estensibile
a tutta la realtà, dal microcosmo al macrocosmo, permette
di analizzare due eventi concomitanti senza peraltro legarli
con quel rapporto di causa-effetto che Carl Jung definisce pregiudizio
tipicamente occidentale, derivato dall'impostazione dualistica
della nostra formazione culturale pesantemente condizionata
da centinaia di anni di educazione cartesiana: ed è
proprio su questo rapporto consequenziale ed arbitrario che
in architettura poggia l' "invariante del potere dittatoriale",
la formula regimi dispotici=tendenza ad una sistemazione
simmetrica degli elementi architettonici, o, per contrasto,
stato liberale=propensione verso una concezione asimmetrica
dell'architettura.
Come accade per tanti movimenti avanguardisti del '900, dal
Dadaismo al New dada alla Pop art, per i quali la
negazione della volontà o della possibilità
di fare arte diviene di per sé stessa una scelta obbligata
e quindi una regola, paradossalmente il rifiuto della simmetria
corre il rischio di divenire la regola della asimmetria, un rischio
paventato da Michelucci e, per la verità, da Eisenman dopo e Duchamp prima di lui, il rischio che "l'asimmetria
si codifichi, si traduca in norme": eventualità non sottovalutata
da Zevi, che sente il bisogno di puntualizzare che "le
invarianti non sono categorie, ma dichiarazioni d'indipendenza
dalle categorie d'ogni matrice e genere" e che,
tout court, non può accadere che anche l'asimmetria
si codifichi e si traduca in norme, dando queste sue affermazioni come condivisibili
e categoriche (come accade per ogni norma, appunto).
Tant'è che dall'equazione iniziale derivano una serie
di conseguenze che danno per scontati concetti che non lo
sono affatto, per esempio che un'architettura "in deroga"
sia a priori migliore di un'architettura "in regola"
e che i rischi dell'adesione ad un sistema siano superiori
a quelli dell'immersione in un incontrollato individualismo che dia spazio ai prodotti di tanti solisti egocentrici malati
di protagonismo, operanti nel nome della loro sola ed unica
libertà personale: per esempio dire che l'opera di
Gehry è rappresentativa delle caratteristiche proprie
di un'architettura moderna e non la semplice espressione di
un egocentrico individualismo creativo è un atto di
fiducia rischioso (ma la modernità, dice Zevi, deve
essere rischiosa
.), così come è contrario
ad ogni teoria evolutiva del pensiero ritenere, ad esempio,
che il Decostruttivismo possa "nel giro di ventiquattrore" cambiare
il corso dell'architettura la quale, come tutti i fenomeni
culturali, è un perpetuo flusso ininterrotto a cui
ciascuno contribuisce, in cui ciascuno si immerge trovando
acque sempre nuove, nel continuo panta rei eracliteo.
La cultura, in quanto insieme dei significati elaborati dagli
uomini che così diventano membri di una società
(asserisce lo svedese Ulf Hannerez, antropologo e sociologo)
si trasmette, "I know, and I know that everybody else
knows, and I knows that everybody else knows that everybody
else knows....", nonostante noi e nostro malgrado.
Seppure presente nell'architettura del passato, basti pensare
al barocco, la asimmetria irrompe con decisione nella cultura
occidentale solo nella seconda metà dell' '800, grazie
alla diffusione della grafica giapponese attraverso i nuovi
mezzi riproduttivi della stampa, della tipografia e della
fotografia: Toulouse-Lautrec, Klimt, Gauguin, Degas scoprono
un'estetica inedita, una nuova concezione dello spazio e della
composizione centrata sul concetto di mutamento, che sta alla
base del taoismo: in quel contesto, l'asimmetria gioca un
ruolo fondamentale in quanto elemento destabilizzante, disequilibrante
e dinamico, che suggerisce unicità e diversità,
grazie al quale la rappresentazione è concepita come
un momento in divenire, sul punto di mutarsi in altro.
In America, l'incontro dell'occidente con la cultura zen,
che avrà conseguenze di enorme portata, avviene sulle
rive dell'oceano, grazie ad una corrente di pensiero genericamente
indicata come Scuola del Pacifico, che in pittura coinvolgerà
l'espressionismo astratto
spiritualista di Mark Rothko, Barnett Newman, Adolf Gottlieb e che in architettura viene recepita soprattutto da Frank
Lloyd Wryght, egli stesso collezionista di un imponente numero
di stampe giapponesi, per il quale l'irregolarità sembra
assurgere a principio creativo.
Le informazioni diffuse in Europa da Bruno Taut sulla Villa
Imperiale di Katsura, che per molti intellettuali dell'epoca
(van Doesburg, teorico di "De Stijl", Mondrian,
Walter Gropius, lo stesso Wright, che ne vide una ricostruzione
all'Expo di Chicago del 1893) rappresenta una folgorante scoperta
proprio per la sua marcata asimmetria strutturale indifferente
ad ogni schema precostituito, fa intravedere all'occidente
la possibilità che l'architettura possa materializzare
il concetto filosofico della compenetrazione dei contrari,
confluenti in un unitario ordine superiore grazie al mutamento
di una forma fluida dinamica.
La contaminazione culturale è sempre un fenomeno che
rompe i sistemi costituiti perché mescola codici espressivi
diversi o opposti, ed è sempre un potente mezzo di
rinnovamento formale e linguistico, in tutti i campi dell'attività
umana, ciò vale per la musica, la letteratura, l'arte
e l'architettura.
Questa particolare contaminazione, in quel particolare momento
temporale, introduce in occidente una inedita visione del
mondo, e quindi dello spazio e della struttura compositiva,
anche architettonica, su base prevalentemente asimmetrica,
dove asimmetria vuol dire rottura della simmetria e non necessariamente
antitesi. Probabilmente ogni artista ed ogni architetto attribuisce
alla asimmetria una diversa valenza, talvolta inconscia e
sconosciuta a lui stesso, figuriamoci all'osservatore, anche
perché non tutti hanno esplicato la loro poetica o
la loro teoretica così ampiamente e chiaramente come,
ad esempio, ha fatto Wright, che ha lasciato moltissimi scritti.
Poiché spesso "credere è vedere",
l'interpretazione concettuale e l'identificazione dell'intenzionalità
nelle scelte estetiche e formali, la decodificazione di qualsiasi
linguaggio visivo presenta grossi margini di aleatorietà,
fortemente influenzata com'è dalla soggettività
di chi interpreta, e non è raro che, ad una verifica
diretta, si riveli anche sbagliata: Franz Kline, espressionista
astratto rappresentante dell'informale materico, action painter di violenta ed essenziale gestualità, noto per l'energia
del suo potente segno calligrafico che attraversa come una
sciabolata grandi tele giocate sul contrasto bianco-nero,
dichiara a Katharine Kuh in un'intervista rilasciata nel '62:
"Non ho mai considerato il mio lavoro in rapporto
alla calligrafia... ...non sono un simbolista..... a volte
faccio dei disegni preliminari, altre dipingo direttamente......
Alcuni, talvolta, pensano che io prenda una tela bianca e
ci dipinga sopra un segno nero, ma non è così
..... ", spiazzando candidamente critica e pubblico
e smascherando un clamoroso equivoco.
Il tallone d'Achille della libertà creativa, senza
regole, senza canoni, senza simmetria si chiama soggettività,
se non soggettivismo: forse è la stessa che Antonino
Saggio auspica, grazie all'interattività permessa dalla
moderna tecnologia digitale, e chiama Nuova Soggettività,
in contrapposizione alla Nuova
Oggettività, che poi, tanto oggettiva non era,
se pensiamo che, nelle arti visive, annovera tra i suoi rappresentanti
più significativi Otto Dix, Georg Grosz, Max Beckman,
padri spirituali del movimento che nasce come derivazione
di quello stesso Espressionismo
che vuole negare e del quale tuttavia conserva le radici,
i cui germogli, nel periodo prenazista, rivegetano con rinnovato
vigore proprio nelle loro componenti più marcatamente
espressioniste.
La parte sommersa dell'iceberg, nascosta sotto il livello
delle acque, è sempre lì, non si contrappone
alla parte emersa, è un tutt'uno con essa, così
come il passato non si cancella negandolo, è un debito
che il presente si porta dietro, senza il quale esso stesso
non esisterebbe.
Se il linguaggio dell'arte, o dell'architettura, esprime il
suo tempo, opponendosi antiteticamente al passato o derivandone
invece in modo continuo, simmetria e asimmetria sono le due
facce di un Giano bifronte che non configurano un conflitto
dal quale l'una emerga vittoriosa sull'altra o un confronto
dal quale una risulti migliore dell'altra, ma un flessibile
adattamento del linguaggio espressivo, temporaneo e in continua
mutazione, che oscilla pendolarmente tra due estremi.
E sono
due termini che sottendono una sottile ambiguità ed
una intrinseca duplicità di significato: così
come la simmetria, che è composizione della asimmetria,
può rappresentare non costrizione, ma ordine ed armonia,
così l'asimmetria, che è assenza di simmetria,
può significare non libertà, ma caos.
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